Diego Alverà racconta. La scelta etica di Giorgio Ambrosoli.

Giorgio Ambrosoli era un uomo di grandi principi. Aveva una vita e una famiglia a cui teneva moltissimo, aveva passioni e affetti da cui mai si sarebbe separato. Ambrosoli si era scelto una professione difficile e complicata, soprattutto se la si esercita con etica, rigore, senso civico e rispetto. Era stimato da tutti, da colleghi e clienti, perché gli incarichi professionali li portava sempre a termine con perizia e diligenza. Ambrosoli era uomo di saldi ideali. A questi aveva ancorato la sua esistenza e la sua carriera.

Un professionista serio e affidabile

Giorgio Ambrosoli faceva il suo dovere accettando e portando a termine molti incarichi per conto del tribunale. In quell’Italia opaca significava tenere la schiena dritta, non lasciare mai nulla al caso, evitando amicizie imbarazzanti e rimanendo alla larga da un’inquietante giostra di piaceri e favori. L’avvocato Ambrosoli era stimato anche per questo, per quella sobria serietà professionale che gli permetteva sempre di mantenere una condotta e un contegno consono alla delicatezza dei suoi uffici.

Il crack della Banca Privata Italiana

Ambrosoli non si era mai concesso il lusso di rifiutare incarichi, nemmeno quelli più scomodi, come quello di commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, una delle più chiacchierate e oscure avventure del finanziere Michele Sindona, regista occulto di un fitto reticolo di vischiosi rapporti tra il potere politico e la malavita organizzata, tra innominabili interessi e traffici internazionali. Sapeva perfettamemte, l’avvocato Ambrosoli, cosa lo avrebbe atteso. Il chiacchierato crack della Banca Privata Italiana era al centro di un delicatissimo domino che minacciava potentati ed equilibri economici. Quel dissesto era un pericoloso buco nero che attraeva buona parte delle più inquietanti trame eversive del nostro Paese. Serviva fare luce. Serviva una persona seria e non compromessa. Serviva un bravo avvocato che non si facesse condizionare.

Un sacrificio di altissimo valore

Così, in quei lunghi mesi, l’avvocato Ambrosoli si trovò a dover affrontare in silenzio minacce, pressioni, intimidazioni e svariati tentativi di corruzione. Lui, lo sconosciuto e apprezzato professionista milanese, non si fermò mai, non tentennò né si lasciò condizionare. Rimase seduto alla sua scrivania a svolgere sino in fondo il proprio lavoro, scavando con perizia tra carte e bilanci. Ancora una volta fece un ottimo lavoro scoperchiando l’ennesimo vaso di pandora del malaffare italiano, dell’imbroglio, della sopraffazione, dei rapporti preferenziali, della corruttela, dei privilegi, del degrado politico e mafioso. Ambrosoli non trovò amici nè solidarietà, nemmeno da chi poi ne pianse pubblicamente la morte. Rimase da solo a lottare fino in fondo, in angosciosa solitudine, sino all’epilogo più tragico, sino al suo tragico omicidio, avvenuto, poco dopo la mezzanotte dell’11 luglio 1979, per mano di un sicario di mafia appositamente giunto dagli Stati Uniti. Ambrosoli conosceva perfettamente i rischi a cui sarebbe andato incontro, ma ciò nonostante non si piegò alla minaccia e al ricatto. Per dovere, passione e rispetto nei confronti del suo mestiere, del significato etico del ruolo affidatogli, dello Stato e dell’intera comunità civile in nome della quale esercitava diligentemente il proprio mandato. Incredibilmente nessuna autorità pubblica ritenne opportuno presenziare ai suoi funerali.

“Nel rispetto dei valori nei quali noi abbiamo creduto”

«Anna carissima, è il 25 febbraio 1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I., atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica. E’ indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese. Ricordi i giorni dell’Umi, le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant’anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Con l’incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato – ne ho la piena coscienza – solo nell’interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo. Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto. Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa. Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell’altro. Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazzatalmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi. Giorgio »