Once in a lifetime: Art Kane

Il 9 aprile 1925 nasce a New York Arthur Kanofsky, per tutti Art Kane, fotografo per passione e lavoro. Fotografare è una professione complicata che non si limita al sapiente ricorso a lenti, luci, diaframmi, otturatori e pellicole ma incrocia molte altre dimensioni espressive, simboliche, prospettiche e metafisiche. Davanti all’obiettivo di una macchina fotografica transita infatti una materia fragile, incerta e volubile, la stessa che racconta le nostre vite e il loro divenire. Perché uno scatto è sempre il risultato di una calibrata miscela di emotività e raziocinio. Perché ritrarre cose e persone significa raccontare le traiettorie del mondo reale e di quello che invece vorremmo.

Un ricco immaginario creativo

La fotografia era parte integrante del ricco immaginario lirico di Arthur Kanofsky, anche se, almeno inizialmente, lui non lo aveva del tutto compreso. Quel talento per le immagini era emerso lentamente, nel corso degli anni, in modo naturale. Almeno inizialmente, per vivere, infatti, Kane faceva altro. Art ammaestrava un mondo fatto di slogan, carta e matite. Un’esuberante creatività gli aveva regalato il coraggio di ascoltare sempre il proprio istinto spingendolo a credere nella propria originale visione. Arthur aveva un tocco magico. Sapeva trasformare un oggetto o un’immagine in un simbolo di bellezza e significato. Prendeva le cose da un punto di vista singolare e originale, soffermandosi sulla funzionalità, l’utilità e la piacevolezza. Fu questa straordinaria specialità a farne uno dei grandi maestri della fotografia contemporanea.

Scatti iconici ed epocali

Arthur scoprì quasi per caso che l’obiettivo della sua macchina fotografica attribuiva alla realtà quotidiana senso e significato. Sperimentò quel talento firmando alcuni dei più brillanti manifesti di un’intera epopea musicale, quella del sogno rock degli anni Sessanta. Suo è l’iconico scatto degli Who avvolti dalla Union Jack sul basamento del monumento newyorchese a Carl Schurz Park, quello che finirà poi per entrare nel mito campeggiando sull’epocale copertina di “The Kids Are Alright”, così come suoi sono altri celebri ritratti dei Rolling Stones, di Dylan, Hendrix, Morrison, Warhol e dei Jefferson Airplane. Kane catturò l’anima di quel cosmo di instabili promesse ed esplorò mirabilmente quel perimetro. Fu così che divenne per anni uno degli artisti più ricercati. Lavorò per riviste prestigiose come “Life” ed “Esquire” e trovò anche il tempo e il modo per sperimentare il suo lato più onirico nell’ambito di opere come “A Day In The Life” o “Venice Sinking”. Ma il suo nome si lega indelebilmente al primo incredibile scatto, a quello che lo ha reso famoso, ad una singolare foto collettiva che ha catturato lo spirito di un’era, quella del grande jazz.

La più grande foto a tema musicale del mondo

Con “la più grande foto a tema musicale” del mondo, così come egli stesso la battezzò, Art ritrasse infatti cinquantasette tra i più grandi jazzisti dell’epoca, plasticamente coinvolti in una posa di gruppo nel bel mezzo di Harlem, al centro di quel loro mondo antico, all’angolo tra la diciassettesima e la centoventiseiesima strada. L’idea di quella straordinaria fotografia era venuta al suo editore. Robert Benton voleva immortalare in un singolo scatto un gruppo di artisti per celebrare l’età d’oro del jazz raccontando così la tensione irregolare di quella generazione. Il direttore cercava però qualcosa di diretto e coinvolgente. Sapeva che avrebbe dovuto rischiare e per questo non si affidò ai soliti fidati professionisti. Quella volta voleva emozioni nuove, nulla che avesse a che fare con stile, esperienza e maniera. Per realizzare quel piano Benton avrebbe avuto bisogno di complici all’altezza di quel compito. Ecco perchè pensò ad Art, che già collaborava alle parti grafiche della rivista. Pensò a lui per via delle sue due grandi passioni: il jazz e la fotografia.

Una foto leggendaria

Art si occupò innazitutto degli aspetti logistici. Pensò ad una foto di gruppo “en plein air”, da ambientarsi in piena Harlem, magari al vertice di uno dei suoi più affollati incroci. Gli venne in mente quella casa, una delle originarie “brownstone”, sia per via delle ampie scale che per la circostanza che si trovava nei pressi di un locale conosciuto. Lui e Benton avevano sparso la notizia nell’ambiente, tra bar e ritrovi, millantando qualche partecipazione illustre e dando appuntamento a tutti per il prossimo martedì 12 agosto 1958 alle dieci di mattina, ora di per sé complicata per gente che faceva l’alba a suonare nei locali. Art e Robert non avrebbero saputo dire come sarebbe andata. Contavano, al più, di mettere assieme una decina di artisti. Ecco perchè non credettero ai loro occhi quando, sull’onda di quel passaparola, quelle scale cominciarono lentamente a popolarsi di tutti i mostri sacri di quell’era, da Charles Mingus a Coleman Hawkins, da Count Basie a Sonny Rollins, da Dizzy Gillespie a Lester Young, da Art Blakey a Thelonious Monk, da Gerry Mulligan a Gene Krupa. Quel singolare invito aveva innescato una sorta di irresistibile tam-tam a cui quell’ambiente stravagante, lunare e competitivo, non era riuscito a sottrarsi. Così, erano arrivati tutti, uno dopo l’altro, con la camicia pulita e l’abito della domenica facendosi strada tra un crescente fiume di curiosi e un’interminabile teoria di ragazzini.

Il manifesto di un’era

Alla fine furono cinquantasette i musicisti immortalati dallo scatto di Kane. Quella foto diventò rapidamente un’icona, lo straordinario manifesto di un mondo alle prese con progresso e riscatto. Grazie alle rughe di quei volti e alle espressioni fiere e composte, Kane raccontò la rinascita culturale di una metropoli che si proiettava alle soglie della modernità. Quella foto cambiò definitivamente la sua vita e la sua carriera professionale. Fu in quella strada, mentre si guardava attorno sorpreso, che decise infatti il suo futuro. “Guardare tutti quei musicisti muoversi su quegli scalini nella centoventiseiesima strada fu magnifico. Compresi in quel preciso momento cosa avrei voluto fare della mia vita. Volevo essere un fotografo”.