Once in a lifetime: Stanley Matthews

Il 1 febbraio 1915 nasce in Seymour Street, a Hanley, piccolo sobborgo popolare di Stoke-On-Trent, Stanley Matthews, di professione calciatore. Stanley era solito primeggiare, un po’ per la carica agonistica che sapeva mettere in ogni partita e in ogni scontro, un po’ perchè era stato abituato sin da piccolo a non temere il confronto fisico, essendo figlio, il terzo di quattro, di un pugile che avebbe fatto carte false pur di farlo salire sul ring. Ma il richiamo del football fu più forte e così Stanley divenne il primo calciatore a vincere il Pallone d’Oro a quarantuno anni, davanti a Di Stefano, Kopa e Puskas, il primo inglese a essere omaggiato all’estero con titoli, inviti e ingaggi, il primo calciatore britannico per longevità, dal momento che la sua carriera durò la bellezza di trentacinque anni nel corso dei quali disputò 698 match e 54 incontri della Nazionale segnando 82 reti. Matthews stabilì anche il record dell’età più matura perchè giocò l’ultima partita ufficiale al Victoria Ground, con la maglia biancorossa dello Stoke, il 6 febbraio 1965, 6 giorni dopo aver compiuto cinquant’anni. La sua è una storia di grande attaccamento ai colori sociali perchè Stanley trascorse tutta la sua carriera in soli due club, lo Stoke e il Blackpool, e nonostante la continuità d’impegno e lo straordinario talento, vinse molto poco, probabilmente anche per la sospensione dei campionati durante i lunghi anni della seconda guerra mondiale. Sfiorò per ben due volte il titolo arrivando due volte anche in finale nella Coppa d’Inghilterra, purtroppo senza molta fortuna. Ma, a trentotto anni suonati, nel 1953, al terzo tentativo, il destino si girò dalla sua parte e Matthews finalmente si aggiudicò la sua prima e unica F.A. Cup. Quella tra il Blackpool e i superfavoriti del Bolton Wanderers entrò nella storia come “la finale di Matthews”, perchè dopo settanta minuti di battaglia i Tangerines erano già sotto di tre gol a uno. I centomila di Wembley assistono dagli spalti all’incredibile dramma di Stanley che, sfiancato e senza più energie, rischia di perdere per la terza volta l’appuntamento con la storia e cominciano a incitarlo, dapprima timidamente poi chiamandolo a gran voce. E Matthews lentamente ritrova forza e lucidità. Si carica la squadra sulle spalle e la trascina alla vittoria dopo un’incredibile rimonta. Grazie ai suoi formidabili assist per Mortensen e Perry finirà infatti quattro a tre e Matthews e il suo Blackpool entreranno definitivamente nella leggenda. Stanley fu per tutta la lunga carriera un ala temibile e scorbutica, imprevedibile e difficile da marcare. Il dribbling bruciante e la finta da fermo erano le sue vere specialità. Matthews fu il primo e il più talentuoso nell’eseguirla: affrontava l’avversario in campo aperto aspettandolo quasi in surplace, gli nascondeva la palla tra i piedi fintando di andare a destra o a sinistra, ma poi si spostava con il pallone nella direzione opposta lasciando così l’avversario sul posto. In questo modo Matthews ingannò generazioni di arcigni difensori, sempre con grande fantasia, con quel gioco palla a terra in velocità, preciso, tecnico e talmente latino, da risultare quasi un brillante estraneo per la solida cultura calcistica britannica. Anche per questo, molto probabilmente, l’Inghilterra si innamorò di lui. Come disse Pelè: “Matthews è stato l’uomo che ci ha insegnato come si dovrebbe giocare a calcio”.