Once in a lifetime: Georges Simenon

Il 13 febbraio 1903 nasce a Liegi Georges Joseph Christian Simenon, di professione romanziere. Georges venne al mondo in Rue Leopold di venerdì ma, in virtù dei cattivi presagi del calendario, la madre Henriette, morbosamente superstiziosa, ne “anticipò” la nascita al giorno precedente, al giovedì 12, cominciando fatalmente ad intrecciare molti dei nodi che ricorreranno poi spesso nella sua vita adulta, nelle sue scritture e nei suoi racconti. In particolare fu proprio questo rapporto con la madre, anaffettivo e estremamente conflittuale, a segnarne l’esistenza spingendolo a condurre una vita indotta e fuori dal comune, affascinante, piena, libera, esagerata e tormentata in cui sperimentò ogni tipo di eccesso e parossismo. Come scrisse il suo biografo Pierre Assouline «Se mai c’è stato un uomo che ha vissuto una vita decisamente fuori dall’ordinario, da non poter essere ridotta a un mero elenco di date, nomi, avvenimenti, quello è proprio Simenon». In effetti Georges ha vissuto straordinariamente come fosse il personaggio principale di una delle sue storie, di uno dei racconti del grande Maigret. Simenon recitò splendidamente una estrema vastità di copioni. Impersonò lo scrittore mondano e pirotecnico, centro focale di una effimera movida culturale, amico e confidente di Gide, Miller, Fellini e Renoir, così come l’amante passionale di Josephine Baker che promuoveva i libri con eventi e trovate promozionali come il “ballo antropometrico”. Simenon viveva alla giornata, ascoltando e dando sfogo ad ogni genere di pulsione emotiva. Georges, l’enigmatico, era ben distante dall’abusato paradigma dell’intellettuale da salotto. Era spaccone e esuberante, attaccatissimo al denaro, di cui parlava spesso pubblicamente ostentando i successi. Ogni contratto editoriale era una lunga ed estenuante maratona da cui usciva immancabilmente vincitore. Si vantava di aver avuto più di diecimila donne tra cui molte professioniste. Con il sesso aveva un’approccio sostanzialmente sanitario: raccontava di farlo almeno tre volte al giorno, ad ore precise della giornata, perchè quello era il segreto per evitare di ammalarsi. Scriveva con metodo e rigore, rispettando tutta una serie di rituali. Georges, come la madre, era diventato estremamente superstizioso, temeva la pagina bianca ed esorcizzava l’horror vacui cercando di riprodurre le condizioni in cui era nato il primo romanzo. La scrivania doveva quindi vedere sempre le solite matite nelle solite posizioni, le tende dello studio dovevano essere tirate alla stessa maniera, si svegliava alle cinque del mattino facendo colazione con il whisky e il tè. Teneva sempre lo stesso schema e lo stesso ritmo. Impiegava lo stesso tempo per ogni romanzo: scriveva un capitolo al giorno, per otto giorni di fila. Poi, dopo un breve riposo, utilizzava tre giorni per rileggere e correggere. Pubblicò così più di quattrocento romanzi. Era logorroico e grafomane, le sue lettere erano sempre oltre misura. Ebbe diverse donne e diverse moglie, svariate passioni e grandi tensioni, alcuni gravi drammi e l’immenso dolore del suicidio della figlia Marie-Jo. Ma fu il rapporto con la madre Henriette a rimanere centrale sino in fondo, perchè toccò a lei aprire e chiudere idealmente la sua prolifica carriera. Simenon scrisse il primo libro quando la lasciò andandosene di casa e firma il suo ultimo, il duro “Lettera a mia madre”, quando Henriette muore. “Sempre, in tutta la mia vita, ho avuto grande curiosità per ogni cosa, non solo per l’uomo, che ho guardato vivere ai quattro angoli della terra, o per la donna, che ho inseguito quasi dolorosamente tanto era forte, e spesso lancinante, il bisogno di fondermi con lei; ero curioso del mare e della terra, che rispetto come un credente rispetta e venera il suo dio, curioso degli alberi, dei più minuscoli insetti, della più piccola creatura vivente, ancora informe, che si trova nell’aria o nell’acqua.”