Diego Alverà racconta

Format

Parole, immagini, musica.
Le narrazioni dal vivo di Diego Alverà rapiscono gli spettatori con la potenza primitiva delle storie. Un meccanismo unico di racconto immersivo, che suscita immedesimazione ed emozione, e da cui si esce sempre un po’ trasformati.
Gli eventi sono basati sui testi originali scritti da Diego Alverà, dedicati a grandi outsider della musica, dello sport e dell’avventura.

Antonio Galtarossa / Un uomo, una visione
Ronnie Peterson / Quell’ultimo rettilineo
Ayrton Senna / Il predestinato
Tazio Nuvolari / Pozzo 1928
Ernest Shackleton / Verso Sud
Jimi Hendrix / Are You Experienced?
David Bowie / Interno berlinese
Gilles Villeneuve / Il figlio più amato
Walter Bonatti / Sul Dru

Miles Davis / Kind of Blue
Niki Lauda e Enzo Ferrari / Fuji 1976
Johnny Cash / At Folsom Prison
Nick Drake / Far Leys
George Best / Number 7
Ian Curtis – Joy Division / Closer
Verona Milan cinque a tre / La fatal Verona

Cos’è per me lo storytelling

Nulla di ciò che racconto è lasciato al caso, anche se poi la meccanica del fato trova comunque sempre il modo di lasciare buona traccia.
Tutto comunque è sempre frutto di fatica e lavoro, tutto è sempre ponderato, misurato e provato. Queste narrazioni sono piccoli congegni emotivi in cerca di magia, parole e storie che cercano ritmo, suoni e immagini.
Non ci sono facili affabulazioni né tanto meno il confortante ancoraggio a testi o autori noti e prestigiosi. Non è teatro né reading. Tutto è solo e sempre rischio.
Sono testi scritti, riscritti e levigati, tante ore di studio e preparazione, di ricerche e pensieri, letture e approfondimenti. Tra quelle righe ci sono visioni, suggestioni, libri, appunti. Ci sono fiducia e sconforto, stanchezza e urgenza. C’è tutta la tagliente importanza delle parole, quelle giuste che vanno sempre usate con precisione, come quando si maneggiano lame affilate.

E poi anche filmati, gallerie fotografiche, immagini, complessi sound design e tante notti insonni spese a inseguire la magia del momento perfetto.
Perché, poi, quando tutto funziona, quando le parole sposano l’impatto del suono sino a mescolarsi alla tensione e al ritmo della narrazione c’è sempre qualcosa che mi scuote, che mi fa sentire piccolo e migliore, in qualche maniera soddisfatto, quasi orgoglioso di poter affidare per un breve momento qualcosa a qualcuno. Perché poi alla fine io lavoro solo per questo, per questo effimero istante che ogni volta dura una vita intera.
Ecco, cos’è lo storytelling. Ecco cos’è la sua magia. Ecco cos’è quantomeno per me. Nessuna finzione, nessuna improvvisazione, nessuna scorciatoia. Solo io, un testo, un microfono, immagini e suoni.
È tutto lì, in quel singolo unico raro momento in cui ti senti parte di una cosa più grande, in cui senti che le cose che hai scritto e stai raccontando possono indicare nuove traiettorie spingendo verso nuovi sogni e nuove idee.
Ecco, quello è il momento, quello è storytelling!