Once in a lifetime: Michel Houellebecq

Il 26 febbraio 1956 nasce a Reunion Michel Thomas, in arte Michel Houellebecq, di professione scrittore. Se dovessimo suddividere l’attuale affollatissimo simposio delle lettere in due categorie, quella dei mestieranti e quella degli autori, Michel apparterrebbe senza dubbio alla seconda. Perché Houellebecq ha sin qui percorso strade spinose e incerte. Perché non ha mai gradito troppo elogi e complimenti ed ha tenuto a distanza tesi e temi condivisi e popolari. Perché è spesso fuggito alla bolla mediatica che somministra il solito catalogo di mediocri ovvietà. Perchè, soprattutto, ha sempre mantenuto un profilo lucido rispetto alle cose e alle persone, offrendo al lettore trame faticose ma al contempo insinuanti e coraggiose. Per questi motivi Michel è diventato un personaggio pubblico, discusso e controverso suo malgrado. Houellebecq ha messo alla berlina luoghi comuni e buoni costumi, ha scelto argomenti delicati, scomodi e complessi, si è messo dolorosamente a scavare tra le parole e le loro scie celando spesso acume e intelligenza sotto forme stilistiche che talvolta hanno finito per condizionarne il giudizio critico. Per buona parte dei lettori Houellebecq è uno scrittore sgarbato, duro, difficile, ostico e antipatico. Ma per un’altra consistente fetta di mondo queste sono attrattive irresistibili, una sorta di ancestrale richiamo. Perchè Michel ama il rischio, il fendente e la provocazione intellettuale. Perché, al di là delle furibonde polemiche che ogni sua pubblicazione solleva, Michel, con quello stile gelido, chirurgico e poco disponibile, sfida una società in aperta crisi, la corteggia, la blandisce, la analizza come una provetta o una cavia da laboratorio. Houellebecq si occupa di umanità, di temi universali, di disperazione, di tutte le cose semplici e assurde di cui si compone l’esistenza. Qualcuno, leggendo i suoi lavori, ha creduto di avvertire lo stesso brivido esistenziale di un gigante come Camus, altri hanno visto scintillare nel buio la stessa lama tagliente di Celine, i più giovani hanno scomodato la fredda complicità di Emmanuel Carrere. In realtà i suoi libri stanno da un’altra parte, su scaffali vuoti e polverosi ad esplorare il senso di urgenza ed a scolpire una glaciale e cupa visione del mondo. Le sue pagine frequentano ambienti austeri e spinte iconoclaste, crude nudità e accelerazioni e si lasciano spesso risucchiare in un vortice di ritmi violenti, veloci e incalzanti. Ed è proprio grazie a questa cruda essenzialità che le parole uscite dalla sua penna sono diventate nervosi rimbalzi di un pensiero sferzante, lucido e fieramente controcorrente “L’humour non salva. L’humour non serve praticamente a niente. Uno può affrontare con humour tutti gli eventi della vita per anni, talvolta per anni e anni, in certi casi può adottare un atteggiamento umoristico fino alla fine; ciò non toglie che comunque la vita riesce a spezzargli il cuore. Quali che siano le caratteristiche di coraggio, di sangue freddo e di humor che uno può sviluppare durante la propria vita, si finisce sempre col cuore spezzato. E a quel punto si smette di ridere.”