Once in a lifetime: Rudolf Caracciola

Il 30 gennaio 1901 nasce a Remagen Otto Wilhelm Rudolf Caracciola, di professione pilota automobilistico. Come amava spesso ribadire, guidatori si è per destino, mica per scelta. E in effetti il giovane Rudi, figlio di celebri albergatori, i motori cominciò a frequentarli sin da subito, da ragazzino, scorazzando a tutta velocità sul battello di famiglia su e giù per le acque del Reno. Singolarmente furono quelle sponde a fargli capire che la velocità vera avrebbe dovuto cercarla da un’altra parte, magari sulla strada, al volante di uno dei quei pesanti e rumorosi bolidi. Rudolf divenne così pilota. Trattava le monoposto da gran signore, con classe limpida e sopraffina almeno quanto la sua tuta bianca, dall’alto di un “sistema” di guida che stava esattamente a metà tra il raziocinio di Varzi e la follia inconsulta di Rosemeyer. Per Caracciola l’automobilismo era una scienza inesatta a cui ci si doveva avvicinare con rispetto e coraggio, con la passione di Nuvolari e la freddezza di Fangio. Rudi vinse tantissimo ottenendo vittorie clamorose e bruciando record su record. Al volante era elegante, asciutto, preciso, straordinariamente efficace soprattutto quando iniziava a piovere. Governava traiettorie pulite e lineari, dominava il powerslide con un controllo talmente magistrale da non farlo nemmeno sembrare una sbandata, conosceva l’arte di togliersi rapidamente dalle situazioni complicate e dagli impicci. Rudolf si adattava facilmente a qualsiasi vettura o tracciato e aveva un rendimento costantemente alto, grazie al quale metteva in fila tutti gli avversari più titolati, dal Nivola a Chiron, da Campari a Varzi. Aveva un vantaggio enorme su tutta la concorrenza: i suoi nervi d’acciaio. Perchè anche quando era tallonato o quando doveva rincorrere, Caracciola non si scomponeva mai e si mostrava sempre calmo e misurato, dominando tutti i 700 cv di quei mostri d’acciaio. “Caratsch” aveva una calma di ferro e un energia incredibile. Entrambe risultarono determinanti nel farlo uscire vivo da tre disastrosi incidenti a Monaco, Indianapolis e Berna che gli costarono una tragica asimmetria di cinque centimetri alla gamba destra, dodici giorni di coma, un femore sbriciolato e la paralisi di un ginocchio. Ma Rudi si riprese. Corse per trent’anni quasi sempre a bordo delle Mercedes (anche se nel 1932 entrò a fra parte, per una sola stagione, dell’Alfa Romeo) nel corso dei quali vinse tre Campionato Europei Grand Prix, l’equivalente dell’attuale Formula Uno, aggiudicandosi più volte i Gran Premi dell’Avus, del Nurburgring e, primo pilota straniero, la Mille Miglia del 1931, totalizzando complessivamente 149 vittorie e 32 piazzamenti, divenendo un idolo assoluto delle folle. Rudolf fu uno dei più grandi piloti di sempre, un titano delle corse, un fenomeno, una forza della natura, la perfetta armonia di tensione fisica, concentrazione, forza d’animo e emozioni. “L’uomo è guidatore così come è cacciatore. Per istinto, per un impulso più profondo di quanto si pensi. Ho sempre odiato quei ragazzotti che siedono al volante soltanto per il guadagno. O si è guidatore per destino, o non lo si è.”