Once in a lifetime: Umberto Nobile

Il 21 gennaio 1885 nasce a Lauro, in provincia di Avellino, Umberto Nobile, di professione ingegnere e esploratore. Nobile è uno dei padri del volo, uno dei più autorevoli scienziati della prima era dell’aria, quella che fece magicamente coincidere l’ansia del limite con la tensione del futuro. I suoi progetti hanno profondamente influenzato il progresso scientifico dell’aerostatica e dell’aeronautica mondiale. A lui si deve, nel 1918, il primo paracadute e, sempre a lui e all’ingegner Caproni, si deve, quattro anni più tardi, nel 1922, lo sviluppo e la costruzione del primo aeroplano metallico italiano. Ma i suoi pensieri, i suoi studi e i suoi sogni si concentrarono per anni sullo sviluppo dei dirigibili semirigidi, sorta di moderni incrociatori dei cieli, che sfidavano discretamente vortici e correnti con la complicità dei gas, della gravità e del Principio di Archimede. Per Nobile il dirigibile era il futuro, un mezzo di trasporto efficente e leggero, lo strumento elettivo per l’esplorazione scientifica. Nel 1925 l’Aeroclub di Norvegia gli affida l’incarico di progettare e realizzare un dirigibile in grado di compiere la prima trasvolata del Polo Nord. Alle 1.30 del mattino del 12 maggio dell’anno successivo, il “Norge”, con a bordo Nobile, la sua cagnetta Titina, Roald Amundsen e altri quattordici membri d’equipaggio, sorvola il Polo lasciando cadere sulla banchisa una bandiera norvegese, una italiana e una statunitense. E’ la fama e il successo. In quell’Europa confusa e inquieta le esplorazioni e le sfide umane hanno lo stesso sapore delle conquiste coloniali, un fascino a cui gli Stati faticano a sottrarsi. Attirato dalla pubblicità che ne sarebbe scaturita, il regime lo convoca e gli chiede di ripetere l’impresa, questa volta con un equipaggio tutto italiano e un nuova aeronave, l'”Italia”, gemella della precedente. Ma le cose andranno tragicamente male e il dirigibile, di ritorno dal Polo, durante una tormenta di neve, precipiterà sul pack rompendosi in diversi tronconi. Quello che segue è un dramma dell’ostinazione e della voglia di sopravvivenza, perchè i superstiti resisteranno eroicamente, per cinquanta lunghi giorni, agli stenti, alla fame e al gelo in una piccola tenda dipinta di vernice rossa in mezzo al mare di ghiaccio. Alla fine verranno tratti in salvo ma le polemiche infurieranno, non solo per le discutibili e tardive scelte operate dalla nave appoggio, per la tragica perdita di molti membri della spedizione e pure di Amundsen che era corso in loro aiuto, ma anche per la circostanza che Nobile, gravemente ferito e con un principio di cancrena, fu salvato per primo, contro la sua volontà, da un pilota svedese di un piccolo aereo che aveva ricevuto l’incarico dalle grandi compagnie assicuratrici londinesi di riportare a casa sano e salvo il comandante per questione di prestigio ma anche di premi e di soldi. Nobile fu così ingenerosamente accusato di aver abbandonato i suoi uomini sulla banchisa e costretto a dimettersi da tutte le cariche. Lasciò quindi l’Italia per l’Unione Sovietica, prima, e gli Stati Uniti, poi, dove continuò a sviluppare nuovi progetti. Rientrò in Italia solo nel 1943, in tempo per essere eletto, come indipendente, nell’Assemblea Costituente e trovare una piena riabilitazione. A dispetto della solita letteratura moralistica da salotto, Nobile rimane uno spirito libero, un grande scienziato ed un innovatore, un uomo del futuro che ha avuto il coraggio di spingersi là dove nessun’altro aveva osato prima, rischiando e pagando sempre in prima persona il prezzo delle sue scelte.