Once in a lifetime: Alfieri Maserati

Il 3 marzo 1932 muore a Bologna Alfieri Maserati, di professione pilota e costruttore. Per i fratelli Maserati il richiamo della meccanica e della nuova frontiera dell’automobile fu davvero irresistibile. Perchè più della metà di quella numerosa famiglia fondò e portò avanti uno dei marchi più memorabili della storia del motorismo, la “Società Anonima Officine Alfieri Maserati”, destinata a diventare e a rimanere saldamente per più di un secolo un sinonimo di velocità ed eccellenza. Il merito fu certamente del primogenito Carlo, talentuoso genio della meccanica, ma, anche e soprattutto, del giovane Alfieri che era solo il quarto di sette fratelli ma che quanto a coraggio e intraprendenza si era conquistato sul campo i gradi. Alfieri aveva imparato da Carlo i primi rudimenti ma poi aveva capito che avrebbe dovuto vedere all’opera i migliori. Riuscì così a farsi assumere all’Isotta Fraschini, prima, come garzone, poi, come apprezzato meccanico. Segue i piloti e si cimenta spesso anche lui alla guida ma l’azienda lo spedisce a fare il capotecnico al di là dell’Atlantico in Argentina. Lui si imbarca con due vetture ed i soldi contati. Se li gioca a carte perdendoli, salvo poi riuscire rocambolescamente a trovare il credito necessario per sbarcare le vetture. Non rimarrà però molto in Sudamerica, perchè la Casa lo manda a fare esperienza in Inghilterra e in Francia. Sono anni importanti, di formazione e apprendimento. L’Isotta quindi lo richiama a Bologna. Nel 1914, ormai alle soglie del primo conflitto mondiale, Alfieri spicca il balzo e apre una piccola officina specializzata nella elaborazione dei motori Isotta Fraschini. Chiama i fratelli Ettore e Ernesto e cinque operai. La Maserati è una piccola squadra giovane ma già esperta e ferocemente consacrata al lavoro. E’ l’inizio di una grande cavalcata. Alfieri non si limita a preparare i motori ma comincia a lavorare anche sui telai e sulle vetture, le rielabora e le fa correre come il vento. Le pilota lui stesso sfidando, sulle strade polverose di mezza Italia, campioni come Campari, Masetti e Ascari. Ma la vera sfida è un’altra, perchè Alfieri vuole ostinatamente progettare e costruire un nuovo propulsore da corsa, un motore potente e leggero. Ne nasce un innovativo otto cilindri in linea con compressore, blocco cilindri e testata in alluminio e due alberi a camme in testa. Alfieri studia nuovi materiali e sperimenta nuove soluzioni, E’ solo il primo passo perchè due anni più tardi nel 1926 nasce la sua prima vettura, la leggendaria “Tipo 26”, che diventerà vincente alla guida del mitico Baconin Borzacchini, di Fagioli e di Materassi. Sarà quindi la volta della famosa “V4” a 16 cilindri da 300 cavalli di potenza, un mostro pesante e enorme che supera i mille chili, difficilissima da tenere in strada e da infilare in curva. Ma l’idea è buona, va solo affinata e sviluppata. Il successo arriva con nuovi modelli, come la “26M”, l’“8C 2500” e la “4CTR”, e grazie a piloti velocissimi come Varzi, Fagioli e Biondetti. La strada di Alfieri, ormai in grado di sfidare e battere tutte le più grandi scuderie italiane e straniere, sembra tracciata e in discesa. Ma la sua parabola si conclude inopinatamente per le banali complicazioni di un intervento chirurgico ad un rene malato. Alfieri scompare così improvvisamente lasciando la sua ferrea volontà e il suo spirito in eredità ai fratelli Bindo, Ettore e Ernesto, a cui toccherà il privilegio di imporre il marchio del Tridente, ispirato dalla fontana bolognese del Nettuno, su tutte le piste come un autentico simbolo di innovazione e creatività.