Once in a lifetime: William Gibson

Il 17 marzo 1948 nasce a Conway, nella Carolina del Sud, William Ford Gibson, di professione scrittore. William è stato ben più di un talentuoso scrittore. Perché Gibson, al pari di Dick, ha davvero inventato il futuro, immaginando temi e ambienti che hanno rilanciato il genere fantascientifico. William ha coltivato infatti l’intuizione di un futuro prossimo, cibernetico e connesso, che si componeva di una pluralità di mondi e realtà parallele. L’idea della matrice, ancorché nata sui tasti di una vecchia macchina da scrivere, ha radicalmente rivoluzionato i registri dell’epoca anticipando e ispirando un filone creativo ripreso e frequentato da scrittori e da cineasti di Hollywood. Quella sua visione, in realtà, fu il frutto di due suggestioni estremamente concrete e reali che appartenevano al vissuto quotidiano, come lo straniante effetto del passeggiare in mezzo alla folla con una cuffia ed un walkman o come il comportamento fisico di una manciata di ragazzini al cospetto della consolle di un videogioco. Proprio quella banale osservazione empirica suggerì a Gibson la trama dei suoi primi brevi racconti e la strutturata tesi dell’esistenza di più dimensioni parallele a cui i protagonisti dei suoi racconti potevano accedere a piacimento. L’impatto dei suoi lavori fu notevole, perché, sia “Neuromante” che il seguente “Giù nel cyberspazio”, fecero a pezzi tutti i canoni espressivi, rendendoli desueti nel solo spazio temporale di una prima breve lettura. Quello narrato da William è un universo complesso, intricato e alternativo dove gli umani si sono spinti sino ai limiti delle proprie capacità cognitive, nel perimetro di ciò che oggi chiamiamo neuroscienze. Attraverso l’ibridazione di un’interfaccia digitale, lo scrittore americano trasforma i suoi tanti losers in straordinari strumenti di memoria collettiva e sociale alle prese con più piani di azione e con l’ambito virtuale di un mondo perennemente connesso. Gibson è stato un assoluto innovatore non solo nella trame ma anche nel linguaggio e nella struttura dei suoi racconti che giocavano tutto il loro irresistibile appeal sulla velocità della scena, sull’azione e, soprattutto, sugli universi immaginifici in cui erano ambientati. La sua principale caratteristica era infatti la meticolosa narrazione di questi mondi umani ma evoluti, distanti e credibili, governati dalle grandi corporation, dalla yakuza, dallo strapotere delle grandi centrali finanziarie e da un fitto reticolo di autostrade informatiche, dall’ossessione del controllo e dalla pervasività digitale, da esecutivi impotenti e da bande di criminali. Gibson si è sempre magistralmente concentrato sul contesto e sull’ambiente, sulla descrizione dei dettagli e dei particolari, sulla sua personale ed affascinante visione del futuro più che sui caratteri e le vicende personali dei suoi personaggi. Con i suoi racconti brevi e travolgenti William ha aperto un nuovo capitolo della science fiction tenendo a battesimo un nuovo genere, il cyberpunk, popolato da anti eroi che respiravano le stesse atmosfere dei grandi classici della letteratura distopica. Quello che ci ha regalato è un mondo duro e poetico, intriso di incertezze e dubbi, abitato da individui alle prese con una profonda crisi di identità e un irrisolto rapporto con la tecnologia, strenuamente impegnati nel tentativo romantico di difendere l’anima emotiva e irrazionale dalla metaforica freddezza di un mondo governato solo da interessi economici ed istinti primordiali. Anche per questo la sua lucida visione lo ha consacrato come il primo grande scrittore della rivoluzione digitale.