Once in a lifetime: Nino Rota

Il 10 aprile 1979 muore a Roma Giovanni Rota Rinaldi, di professione compositore e musicista. Nino era un talento precoce. Figlio d’arte, a sei anni già componeva. Una formazione severissima gli fece coltivare pienamente la sua passione per la musica. Crescendo, conobbe anche il raro privilegio di essere apprezzato e sostenuto da molti padri nobili, in particolar modo dal grande maestro Arturo Toscanini, letteralmente stregato da quella sua abilità con note e spartiti. Rota era un musicista completo di ampia cultura classica. Nino viveva per la musica, che anteponeva a tutti gli altri interessi. Questa sua dedizione assoluta lo indirizzò verso gli studi e la carriera accademica. Compose numerose opere e cantate, pagine e pagine di musica sinfonica, da camera e religiosa. Ma al contempo Nino si dimostrò sensibile, curioso e attento per tutti i linguaggi musicali e per le declinazioni e le derivazioni stilistiche della contemporaneità. Rota divenne così un contaminatore umile, modesto e gentile che preferiva tenersi alla larga dal clamore della ribalta. Nino aveva infatti maturato nel corso degli anni una grande abilità nel tessere, con grazia e armonia, registri diversi mescolando schemi di stampo neoclassico ad echi e riflessi mutuati dalla musica popolare. Aveva imparato così ad assecondare pienamente il flusso creativo senza mai perdere di vista il sentiero principale, mantenendo ben salda la direzione, in ossequio alle sue radici musicali. Il suo stile conservò, infatti, precisi punti di contatto con la tradizione pur frequentando la modernità, anzi plasmandola spesso in modo del tutto originale e inedito. Rota rimase distante dalle avanguardie sperimentali approfondendo piuttosto il legame con la grande tradizione operistica e strumentale ottocentesca. Fu proprio questa sua cifra compositiva a rendere particolari e immediatamente riconoscibili le sue partiture, nel cui perimetro si muoveva con grande libertà. La tensione per il processo melodico richiamava apertamente tutto il grande novecento, da Stravinsky a Prokofiev, da Ravel a Britten, sino a Gershwin, Berlin, Kern, Forter, Rodgers, che connotava ogni sua composizione. Oltre a tutto questo Rota aveva una spiccata sensibilità per accostare la musica, quella che componeva, alla performance. Nino amava infatti scrivere per la scena ed il movimento, sia che si trattasse di teatro di posa, di produzioni televisive o del più affascinante mondo cinematico. Quel suo stile equilibrato ma coraggioso, saldamente tradizionale ma ben aperto all’urgenza e alla leggerezza del quotidiano, sposava perfettamente il fascinoso e composito immaginario di maestri come Fellini e Visconti. La sua scrittura elegante e articolata si rivelò perfetta al cospetto di capolavori come “La Strada” e “Otto e mezzo” e lo fece conoscere anche fuori dai confini nazionali, proiettandone la carriera a ridosso delle grandi produzioni hollywoodiane. Fama e notorietà giunsero poi sull’onda di grandi produzioni come ” Il Padrino” di Francis Ford Coppola o “Le Moliere Imaginaire” di Maurice Bejart, con cui arrivarono anche premi, riconoscimenti e un memorabile premio Oscar. Rota musicò in carriera centinaia di opere, film e rappresentazioni teatrali mantenendo sempre vivo il suo interesse per la musica sinfonica, sacra e da camera. Ed è proprio questa sua intima leggerezza, questa sua duttile capacità di valicare confini e di forzare, con intelligenza e lucidità, pregiudizi e recinti ideologici per mettere in collegamento mondi culturali e musicali diversi e distanti, come la musica “di consumo” e la musica “d’arte”, a definirne la statura di autentico gigante del secolo scorso. “Non credo a differenze di ceti e di livelli nella musica: il termine “leggera” si riferisce solo alla leggerezza di chi l’ascolta, non di chi l’ha scritta”