Once in a lifetime: Jean-Pierre Beltoise

Il 26 aprile 1937 nasce a Boulogne-Billancourt Jean-Pierre Beltoise, pilota automobilistico per professione. Fosse stato per lui, Jean-Pierre non avrebbe mai smesso di correre. Aveva cominciato non più giovanissimo domando pesanti motociclette di diverse classi, dalla 125 sino alla 500. In due anni aveva stravinto tutti i titoli francesi ed era diventato una presenza fissa del Campionato Mondiale in sella a una Morini 250, con cui arrivò quinto al Gran Premio di Francia. Beltoise era tosto, determinato e pronto ad ogni sfida come peraltro la stragrande maggioranza dei piloti di quella generazione. Alla metà degli anni sessanta Jean-Pierre aveva davanti una splendida carriera.

Ma poi decise che due ruote non sarebbero bastate e che avrebbe dovuto provare l’ebbrezza di un volante da corsa. La DB lo convince a sedersi nell’abitacolo di una vettura Sport per una manciata di gare di durata valide per il Mondiale Prototipi. Ma, come spesso accade per chi passa troppo rapidamente dalle due alle quattro ruote, Jean-Pierre tende a fidarsi troppo e concede eccessiva confidenza alla vettura. Il limite lo supera in una notte di gara durante la “12 Ore di Reims”. Beltoise esce disastrosamente di pista in piena velocità e viene sbalzato fuori dall’abitacolo. Lo devono andare a cercare con le torce e lo trovano riverso in un campo di grano, a diverse centinaia di metri dall’impatto, con un braccio completamente distrutto. Al chirurgo che deve intervenire Beltoise prega di dargli almeno la possibilità di tenere in mano un volante. I medici fanno un miracolo ma Beltoise deve abbandonare le moto. Lo accoglierà, non senza perplessità, la Matra per fargli disputare qualche gara in Formula 3. Contro ogni aspettativa e grazie ad uno stile deciso e irruento, Beltoise trionfa, aggiudicandosi non solo la gara d’esordio ma anche il Campionato.

La sua ascesa è rapidissima. Jean-Pierre brucia ogni tappa e va a vincere, nel 1968, il titolo di Formula 2. Quindi è la volta della Formula 1. Ma qui le cose non vanno come spera. La fortuna non gli è amica, paga sovente l’inesperienza e, quando le cose girano, è sempre chiuso dal compagno di squadra Stewart che alla fine della stagione vincerà un incredibile titolo iridato. Ma il cuore di Jean-Pierre batte per le durissime corse di durata dove le cose vanno decisamente meglio. Poi arriva la triste domenica del 10 gennaio 1971.

A Buenos Aires va in scena la “1000 Km”. Al trentottesimo giro Beltoise rimane in panne in mezzo alla pista a poche centinaia di metri dal traguardo e scende a spingere la sua Matra verso i box. E’ una follia, ma in quegli anni lo fanno tutti. Sono le stesse scuderie a pretenderlo minacciando i piloti che si rifiutano. Dal curvone sopraggiungono velocissime due vetture, la Ferrari del doppiato Parkes e quella che invece guida la gara pilotata da Ignazio Giunti. La prima sagoma rossa sfiora quella blu al centro della carreggiata mentre la seconda, ben più veloce e con scarsa visibilità, la centra in pieno esplodendo in una palla di fuoco. Giunti, la promessa italiana, muore sul colpo. A salire verso il cielo non sono solo le fiamme della vettura incidentata ma anche le polemiche. Nonostante quella di spingere le vetture ai box fosse una prassi del tutto tollerata e addirittura incoraggiata dai commissari, a pagare sarà solo lui. Gli levano la licenza, lo processano pubblicamente. Beltoise ne uscirà in qualche modo rimanendo però in balia di ombre, fantasmi e di un profondo rimorso. Anche le sue performance non sembrano più quelle di prima e nel giro di un anno la Matra lo appieda.

Jean-Pierre non si perde d’animo e trova un nuovo volante offertogli da Louis Stanley. La BRM-Marlboro P160 si rivela una monoposto decisamente poco competitiva ma, ciò nonostante, alla sua guida troverà, sotto un acquazzone tropicale, un incredibile e inatteso successo nella leggendaria edizione 1972 del Gran Premio di Montecarlo, grazie ad una guida straordinariamente pulita e ad una magistrale perizia nel ponderare al millimetro ogni traiettoria tra marciapiedi, cordoli e guard-rail. In quella stagione si aggiudicherà anche la corsa di consolazione non valida per il campionato, la “Victory Race” di Brands Hatch, poi lentamente il sipario comincerà a calare. Ci sarà comunque spazio anche per un Mondiale Marche vinto dalla Matra nel 1973 e per i podi di durissime maratone come le “1000 Km” di Brands Hatch e del Nurburgring e la “6 ore di Watkins Glen”. Continuerà a correre su vetture di serie sino ai primi anni ottanta, poi il definitivo ritiro. Jean-Pierre si è spento il 5 gennaio di quest’anno. Se n’è andato in silenzio, quasi dimenticato, con il pesante fardello dell’insensata tragedia di Giunti sulle spalle, ma pur sempre con la coscienza e il coraggio di aver fatto sino in fondo quello che riteneva giusto. Perché nonostante la cattiva sorte, tragici errori e leggerezze, Beltoise si è sempre mostrato un pilota serio e coraggioso. Per questo suo spirito la stima e il supporto del suo pubblico non sono mai venuti meno, per questo è diventato un simbolo di quelle stagioni ed un’icona degli anni più ruggenti dell’automobilismo moderno.