Once in a lifetime: Mario Revelli di Beaumont

Il 29 maggio 1985 muore a Grugliasco Mario Revelli di Beaumont, di professione designer e pilota motociclistico. Mario era l’aitante e promettente rampollo di un’antica e nobile famiglia piemontese. Fare il nobile nei primi anni del Novecento, così come pure in questa illusoria contemporaneità, era un mestiere vero e proprio, fisicamente poco dispendioso ma estremamente impegnativo sotto il profilo del protocollo e delle relazioni. Perché i patrimoni e le rendite vivono, da sempre, di relazioni, e queste, si sa, hanno un prezzo e un costo, soprattutto in uno Stato in cui l’oligarchia ha eletto il trasformismo a sofisticata forma di resilienza sociale. In questo Paese con le relazioni tieni la strada, gli avranno certamente suggerito i precettori, ma per il giovane Mario la strada era solo quella che gli si apriva davanti quando saliva in sella alla sua motocicletta e apriva il gas.

Nonostante il titolo nobiliare e la stretta vicinanza con i Savoia, i Revelli di Beaumont avevano tutti sviluppato un’irresistibile attrazione per la meccanica. Il padre Abiel, avviato sin da giovane ad una brillante carriera militare, aveva messo la propria creatività ingegneristica a servizio dell’industria bellica. Uno dei figli, Gino, aveva finito per seguire le sue impronte fondando la “Società Autonoma Revelli Manifattura Armiguerra” per sfornare armi automatiche, fucili, carabine e pistole. Mario, invece, si era lasciato sedurre dalla velocità, dai nuovi mezzi e dai motori. Aveva iniziato studiando e disegnando i telai, aveva finito con il costruire e allestire moto da competizione. Nel 1924 realizza la GR 500, in sella alla quale partecipa e vince il Gran Premio delle Nazioni. Mario è una promessa del motociclismo, l’ “adolescente campione” come lo chiamano i cronisti. Conquista così il titolo di Campione d’Europa, sfida alla pari fuoriclasse come Achille Varzi ed infila anche una serie di disastrosi incidenti da cui si salva per puro miracolo.

I gravissimi postumi di un frontale gli impongono infatti di cambiare vita. Mario abbandona le due ruote per le quattro, i telai motociclistici per le più impegnative carrozzerie. Lavora per Farina e, quindi, entra in Fiat. E’ particolarmente portato per il disegno e, così, gli fanno rielaborare le scocche dell’Isotta Fraschini e della 525. Mario allunga le forme, le rende sinuose, le amplia e scopre tutto il suo talento. Sarà grazie a questo che diventerà uno dei più apprezzati e innovativi designer automobilistici.

Come progettista Revelli intuisce, prima di altri, il ruolo sociale dell’autovettura ed elabora, sin dalla fine degli anni venti, i primi studi che porteranno, molti decenni più tardi, alle monovolume e alle familiari, decisive per la massiva diffusione commerciale dell’auto. I suoi studi rimarranno sottochiave nei cassetti degli Agnelli e saranno rispolverati venticinque anni dopo, per andare a costituire la base della famosa 600 Multipla. Ma è con i primissimi anni del successivo decennio che la sua matita regala le sinuose e carenate forme flamboyant che detteranno stile in tutto il mondo. Mario firma, infatti, la rivoluzionaria e aerodinamica Fiat 1500, destinata a diventare un successo commerciale, collabora con Bertone, Viotti e Pininfarina e si dedica allo studio di mezzi di trasporto spinti da energia elettrica.

Revelli è avanti anni rispetto alla concorrenza. Ama la modernità e le forme liquide dettate dal vento ma, al contempo, è estremamente attento alle modalità di utilizzo, alla facilità d’accesso, alle compatibilità del quotidiano e alla potenziale vocazione popolare dell’automobile. La guerra ferma la sua attività. Viene incarcerato dai tedeschi e quindi restituito alla libertà dai partigiani. Riprende a lavorare per più committenti, la Fiat ma anche la Pininifarina e la Simca. Va negli Stati Uniti a studiare le prime city car della General Motors e introduce quei concetti nella progettazione di vetture per tutti i giorni. E’ da questi suoi passi che nasce l’idea dell’utilitaria, di una vettura, cioè, in grado di adattarsi a diverse esigenze, interpretando il gusto e lo stile del tempo e diventando un prodotto di massa alla portata di tutti. Revelli disegna così l’innovativa Simca 1000, che sarà prodotta in tutta Europa in oltre tre milioni di esemplari. Quindi si dedica alla didattica insegnando in Italia e all’estero sin quasi alla morte, che giunge nel 1985.

Revelli di Beaumont rimane un genio non solo per la visione moderna delle forme e dello stile ma, anche e soprattutto, per l’idea stessa di autovettura, anticipando nettamente tutte le derive e le tensioni creative che faranno dell’automobile un formidabile mix di gusto, utilità e bellezza. Dai suoi studi deriveranno oltre trenta fortunati brevetti industriali,  dal deflettore alla maniglia ad incasso, dal paraurti al volante antivibrazioni, che trovano ancora oggi diffusa applicazione in tutte le auto contemporanee.