Once in a lifetime: Guy Ligier

Il 12 luglio 1930 nasce a Vichy Guy Camille Ligier, di professione pilota e costruttore automobilistico. L’esistenza di ogni uomo ruota attorno ad almeno un sogno. Guy ne coltivava più d’uno. Alcuni di questi erano decisamente ambiziosi, ma riusci’ a coronarne una buona parte.

Guy si abituò sin da giovane alla sfida e al pericolo. La competizione era il suo ambiente naturale, di qualsiasi genere fosse, che si svolgesse in un’aula di matematica o in un cantiere, in acqua o sui bordi di una pista. Perché Ligier era un combattente, uno che non mollava facilmente la presa. Fu la vita e le sue crudeli svolte a temprarne il carattere. Guy rimase orfano quand’era ancora giovanissimo e dovette combattere con le ombre lunghe del distacco e dell’abbandono. A tutto quel dolore e quella tristezza Guy reagì alla sua maniera, affrontando di petto le difficoltà e rimboccandosi le maniche. Con questo spirito finì per fare l’assistente garzone in una macelleria. Guy era un ragazzo sveglio. Sapeva perfettamente che quel nobile mestiere non era l’arrivo ma solo la prima tappa del viaggio. Non era certo l’ambizione, ma una sorta di insaziabile fuoco ad animarlo: Guy aveva ben altro per la mente ed era disposto a misurarsi con ogni genere di rischio pur di raggiungere l’obiettivo.

Si era così guardato attorno e aveva trovato nello sport e nelle diverse discipline un bel banco di prova. Cominciò a praticare il rugby, il calcio e il canottaggio. Guy eccelse in tutte e tre le specialità. Con la maglia del Vichy RC finì a giocare addirittura in seconda divisione mentre in canoa divenne un campione nazionale. Tutto ciò però sembrava non bastare per placarne la “sete”. Guy sentiva che la sua sfida doveva essere ancora più impegnativa e difficile. La moto era sempre stata una passione e, così, provò anche a saggiare il brivido della velocità. Quelle sensazioni vivide e forti lo stregarono a tal punto da renderlo schiavo delle piste e dei motori. Guy divenne così uno dei massimi protagonisti delle corse. Partecipa per diverse stagioni al campionato nazionale sia nella categoria 350 che nella 500, di cui conquista il titolo nel 1959. L’interesse per le quattro ruote e l’idea di pilotare monoposto furono naturali conseguenze di questo suo percorso, un po’ come l’innato fiuto per gli affari. Guy investe, infatti, buon denaro in terreni e comincia a costruire strade e parcheggi, imponendosi come partner di eccellenza nella realizzazione di grandi opere pubbliche.

Sui campi di gara, dove scende in pista come pilota privato nella seconda metà degli anni sessanta, conosce molti corridori tra cui Jo Schlesser, di cui diventerà strettissimo amico. Con Jo condividerà sogni, idee ed anche l’abitacolo in occasione di importanti gare di durata e Sport Prototipi. La sua prematura scomparsa per un tragico incidente gli impedisce di continuare a correre e lo spinge, invece, verso l’ambito a cui forse teneva di più. Il sogno di Ligier è quello di nmettere in piedi finalmente una scuderia con monoposto integralmente progettate e realizzate in Francia al cui volante far seder solo ed esclusivamente piloti francesi. Guy fonda così la Ligier Automobilies. Corre l’anno 1969.

Ligier seleziona una talentuoso nidiata di ingegneri e tecnici, convoca le migliori menti della nazione risvegliando, al riguardo, un sopito spirito e mette sotto contratto l’ingenere Michel Tetu. Sarà proprio lui ad elaborare un piano dettagliato per arrivare a correre nella massima formula, nel mondiale Endurance e nelle categorie più importanti. Poi accade qualcosa che accelera i processi in atto. Alla fine del 1974 la Matra smobilita, infatti, la squadra corse e Ligier ne acquista l’intero pacchetto e, con esso, i potenti propulsori aspirati a dodici cilindri con tutto il prezioso bagaglio di esperienza. Il balzo è ormai pronto. L’anno seguente la Ligier JS2 chiude con un’inatteso secondo posto la 24 Ore di Le Mans. La Gitanes comprende che Ligier è imprenditore abile, un visionario con i piedi per terra, pronto a dare l’anima pur di ottenere il risultato, e decide di sponsorizzare l’avventura nella massima serie.

La matita di Gerard Ducarouge sforna una monoposto ambiziosa e veloce. Ligier la affida al promettente Jacques Laffite che sale ben tre volte sul podio, ottenendo la prima pole position della sua carriera al Gran Premio d’Italia. Il dado è tratto e, passato il Rubicone, Ligier, la successiva stagione, coglie sul circuito svedese di Anderstorp, sempre con Laffite al volante della JS7, la prima vittoria della sua storia. E’ festa. Ligier regala finalmente alla Francia un progetto vincente interamente transalpino, dal progetto al collaudatore, dalla scocca al motore, dal meccanico alla sponsor. Il suo indomito spirito lo spingerà negli anni successivi sempre più avanti, trasformando l”Equipe Ligier in un marchio che farà, per venti lunghi anni, la storia della Formula Uno. Dalle sue factory usciranno vetture straordinarie, intuizioni avveniristiche e soluzioni d’avanguardia che verranno, di volta in volta, affidate ad una pattuglia di straordinari piloti e giovani promesse, da Lafitte a Depailler, da Pironi a Tambay, da Panis a De Cesaris. Nel tardo pomeriggio del 19 giugno del 1979, quando la bandiera scacchi cala sbarazzina sul muso della JS7, Guy comprese che anche l’ultimo sogno, il più temerario e impossibile, si era ormai realizzato.