Once in a lifetime: Ezio Loik

Il 26 settembre 1919 nasce a Fiume Ezio Loik, di professione calciatore. Il destino di Ezio si è legato per qualche imperscrutabile scherzo del destino a quello di Valentino Mazzola ed alla maglia granata. Era nato lo stesso anno di Valentino e, dopo tre stagioni con i colori rossoneri del Milan, era finito al Venezia dove si erano conosciuti. Con Mazzola compose una coppia straordinaria sia quanto a gioco che a gol. Era una coppia perfetta per complementarietà di ruolo, fisico e carattere. Lui, razionale, piantato, quadrato, con due enormi polmoni, Valentino, estroso, agile e veloce. Pur coltivando, in qualche modo, la medesima idea di mondo, ne avevano una diversa rappresentazione pratica. Questione di sfumature, scherzavano i compagni. Quello con Valentino era un legame vero, una sorta di comunanza di intenti e attitudini. Erano due gemelli diversi, perchè diverso era il mondo da cui provenivano. Erano due ostinate anime in movimento, due spiriti nobili del centrocampo. Ambedue provavano a governarlo. In quei tempi complicati, non era poco. Anzi, era decisamente molto più di niente.

Da Fiume a Venezia.

Ezio veniva dall’italianissima città di Fiume, quella che la ragion di stato e il volubile confine orientale sacrificheranno nell’immediato dopoguerra. Dopo gli esordi con la Fiumana, lo cerca il Milan. E’ una grande opportunità, forse quella della vita. Loik se ne va nella grande città a vestire il rossonero. Non saranno anni facili. Ezio affina comunque il suo stile di gioco, sempre molto fisico e intenso. Non solo corre per tutta la partita, ovunque ed in ogni zona del campo. Loik ha anche una visione dinamica del gioco: accompagna gli sganciamenti dei compagni, è pronto a chiudere e raddoppiare le marcature, è inesorabile quando spinge in avanti la squadra. E’ un centrocampista della modernità: in campo è sempre dove deve andare il pallone. Dopo tre anni milanesi di luci ed ombre, ha urgente bisogno di respirare la brezza del suo mare e della laguna. Venezia, per lui, è come tornare a casa. Loik non solo trova tutto l’entusiasmo sopito, ma anche nuovi amici e nuovi compagni di reparto. A Venezia Ezio trova anche Valentino Mazzola.

Il Grande Torino di Novo.

Grazie alla magica coppia di centrocampo, i lagunari volano. Sono anni di grandi successi. Nel 1941 il Venezia conquista la Coppa Italia in una doppia finale con la Roma. Il gol decisivo lo sigla proprio lui al Penzo al 71° minuto. L’anno successivo sfiorano anche la conquista del titolo nazionale che sfugge solo sul filo di lana. I lagunari sono squadra solida dove militano grandi protagonisti come Piazza e Bacigalupo, ma è la coppia Loik – Mazzola a far girare la squadra. Dalle parti della Mole, Ferruccio Novo, illuminato patron granata, è alla ricerca dei giocatori migliori. Vuole costruire una squadra che possa vincere ogni sfida. Li vede giocare e decide subito di portarli a Torino, tutti e due, in coppia, investendo nell’operazione qualcosa come un milione e duecentomila lire dell’epoca, oltre a due contropartite tecniche. Sono un sacco di soldi, ma i due lo ripagano sin da subito, tant’è che il Toro, allenato da Janni, si aggiudica immediatamente il primo di cinque scudetti consecutivi oltre alla prestigiosa Coppa Italia. Da lì in avanti saranno gol a grappoli, titoli e soddisfazioni. Ezio trova anche una nuova posizione più offensiva al centro del campo e va spesso al tiro siglando marcature epocali.

Un uomo umile e generoso.

Sotto quell’aspetto apparentemente accigliato e scontroso, sotto lineamenti decisi e da pugile, Loik nasconde, in realtà, un temperamento sereno, umile e generoso, mite e scherzoso, tanto da diventare con Gabetto l’uomo spogliatoio di quella grande squadra, quello che si faceva prendere in giro dai compagni, quello che tutti chiamavano “elefante” per via della pesante andatura, quello che trovava sempre il tempo e il modo di una battuta, per stemperare, per rincuorare, per non soffrire troppo. Aveva un sacco di fobie, ma le sapeva gestire al meglio. Solo una cosa Loik non tollerava: le critiche, in generale, figuriamoci quelle cattive. Anche per questo il lunedì in casa Loik era sempre una giornata molto lunga che dipendeva non solo dall’esito della partita del pomeriggio precedente, ma anche da come la stampa aveva preso quel suo forsennato dinamismo, su e giù per le linee del campo. Il Toro con lui e Mazzola diventa una spietata macchina da gol. In 176 partite solo lui ne segna 70, mentre Mazzola va a bersaglio ben 118 volte in 195 match. Ma il sogno della grande coppia si spezza, d’improvviso e per sempre, nella maledetta ed umida nebbia di Superga il 4 maggio 1949. Il vuoto che quella squadra e quei due si lasciano alle spalle è impossibile da riempire. Loik rimane un’icona e un simbolo di un’epoca, la vivida testimonianza di un calcio aspro, franco e cordiale che purtroppo non esiste più.