Once in a lifetime: Fritz Lang

Il 5 dicembre 1890 nasce a Vienna Friedrich Christian Anton Lang, al secolo Fritz Lang, di professione regista e sceneggiatore. La sua storia si snoda lungo le direttrici stilistiche delle principali avanguardie espressive del primo Novecento. Lang abitò quegli anni da protagonista, cogliendo tutte le febbrili tensioni e i fermenti che agitavano l’orizzonte europeo. Fritz fu un pioniere dell’ìmmagine in movimento. Rimase per anni in compagnia di pochi romantici visionari a presidiare un confine che avrebbe in seguito regalato grandi registi e sceneggiatori. Ma Lang fece anche molto di più, perché seppe catturare nelle sue opere una straordinaria idea di futuro.

Carattere, originalità e un punto di vista particolare

Lang è stato il cinema nella dimensione più alta. Alla macchina da presa però non vi arrivò subito. Sin da giovanissimo, Fritz mostrava talento per tutte le arti manuali. Aveva carattere, originalità e un punto di vista particolare. Il padre lo spinse verso l’architettura, ma ben presto Fritz si lasciò rapire dalle nuove correnti pittoriche e dal disegno. Un lungo soggiorno parigino gli rubò l’anima contagiando irrimediabilmente la sua visione artistica con le desinenze di quel corposo melting pot culturale a cui la città dava da tempo ospitalità. Fu proprio qui, tra i vicoli di Montmatre che entrò in contatto con la prima industria cinematografica ed i film di Max Linder e Louis Feuillade. Fu una sorta di amore a prima vista. Fritz decise che quello sarebbe stato il suo futuro. Si concentrò sulle sceneggiature sino a quando il destino passò a trovarlo offrendogli le prime opportunità. Con il film “Matrimonio al club degli Eccentrici” Lang entra di diritto nel ristretto giro degli autori. Il grande Pommer lo chiama a Berlino a collaborare con la Decla. E’ il 1919, la Germania, uscita malconcia dalla Grande Guerra, vuole lasciarsi tutto alle spalle ed è in procinto di tuffarsi nella fugace e illusoria parentesi della Repubblica di Weimar. E’ un periodo d’oro per le arti, la cultura, le lettere e le nuove derive espressive. Fritz affina la scrittura per l’immagine ma soffre fatalmente la riduzione che ne fanno i registi. E’ così che rompe gli indugi e prova a sedersi dietro la macchina da presa.

Un vocabolario della modernità

Le sue competenze scenografiche, pittoriche e architettoniche gli regalano una spiccata sensibilità ed una marcia in più rispetto ai colleghi infondendo inedite profondità alle prime produzioni. Quel singolare modo di girare, quei movimenti studiati e furtivi, quella cura maniacale per l’impatto emotivo ed i rimbalzi di luce lasceranno il pubblico a bocca aperta. Lang cita tutte le principali correnti contemporanee, dall’espressionismo alla Nuova oggettività, ma ne rimane sempre distante. Ne fa piuttosto una questione di linguaggio ricercando sempre la massima intellegibilità. “In tutti i secoli è esistita una lingua in cui le persone colte riuscivano a comunicare. Il cinema è l’esperanto di tutti e un grande strumento di civiltà. Per capire il suo linguaggio non c’è bisogno di nient’altro che di avere gli occhi aperti.” La sua formidabile narrazione, basata su rigore formale e una moderna teatralità, diviene così un apprezzato marchio di fabbrica. Quell’indugiare tra le espressioni chiaroscurali dei volti e le prospettive allungate delle ombre conferisce alle immagini proiettate un valore e un peso mai visto prima, facendone una sorta di specchio inquietante dell’animo umano. In oltre quarant’anni di attività, Lang firmerà una mole imponente di opere. Il suo cinema diventerà un vocabolario della modernità, sia per il costante ricorso a un apparato scenico visionario, parossistico e distorsivo che per la magistrale abilità con cui mescola molteplici registri, l’arte della messa in scena e nuove tecniche di ripresa e montaggio. Fritz Lang attraverserà da protagonista tutta la grande stagione del film muto e la prima magica epopea hollywoodiana scomponendo quarantacinque opere in un diversificato ventaglio di generi e sottogeneri, dal melodramma alla fantascienza,dal poliziesco alla commedia sino alla testimonianza sociale ed al western.

Un poliedrico genio

Fritz è stato il primo grande regista creativo a saper rendere la complessità di temi e tensioni introspettive in storie e immagini semplici, sempre dirette ed immediate. La sua grande poliedricità non era solo figlia di solide radici mitteleuropee ma anche e soprattutto del decisivo clima culturale che aveva respirato in quei primi anni Venti, in un impressionante vortice di movimenti, pulsioni e avanguardie artistiche. Tutto questo trovò in alcuni film immortali come “Metropolis”, “Il Dottor Mabuse”, “M, il Mostro di Dusseldorf” e “Furia” un mirabolante equilibrio tra tensioni psicanalitiche e suggestioni figurative e letterarie. Il cinema di Lang rimarrà sempre legato a quelle traiettorie continuando a ricercare uno stabile punto di contatto tra due mondi all’apparenza distanti e diversi, tra un universo lirico e magniloquente, epico, teatrale e scenografico e una narrazione più densa e dimessa, drammatica e ritmica. Ci riuscirà sempre con grande classe e suprema maestria.

“Le doti del regista devono essere universali: deve cioè possedere le qualità più spiccate di ogni espressione artistica. Deve avere lo sguardo del pittore per il quadro, la sensibilità per le linee dello scultore, il senso del ritmo del musicista e la concentrazione spirituale del poeta. Ma gli ci vuole anche qualcosa d’altro, una dote tutta peculiare: il senso del tempo! Per me senso del tempo significa la capacità di dar rilievo, comprimere, aggiungere intensità, mirare a uno scopo, far centro.”