Once in a lifetime: Herbert Chapman

Il 19 gennaio 1878 nasce a Kiveton Park, piccolo centro minerario vicino a Sheffield, Herbert Chapman, di professione ingegnere, calciatore e, soprattutto, allenatore. A Chapman, alle sue idee, alla sua innovativa visione tattica si deve il calcio moderno. Con i successi da lui raccolti alla guida di Huddersfield e Arsenal nel decennio a cavallo tra anni venti e trenta, nasce l’idea che il football non sia solo espressione fisica ma anche una questione di organizzazione, pensiero e osservazione.

L’inventore del “Sistema”

Il suo principale contributo alla storia si chiamerà “Sistema” e porrà le basi per lo sviluppo di tutti moduli tattici del secolo scorso. La sua visione sarà una chiave determinante per dare risalto, dignità e utile geometria alla nobile arte della pedata, aprirà le porte ad una lunga teoria di demiurghi, tecnici, maghi e strateghi e consegnerà al futuro una professione a metà strada tra pensiero filosofico e acrobazia circense. Perché, prima ancora delle intuizioni di natura tecnica, Chapman ha avuto il merito di inventare la figura dell’allenatore professionista, del moderno manager destinato a misurarsi con il mercato, la proprietà, nuove tecniche di allenamento, tabelle e programmi.

Dalle miniere ai campi da pallone

Herbert veniva da lontano, dalla terra umida e grassa di cave e torbiere dove era cresciuto e dove si era costruito una solida prospettiva professionale. Aveva infatti conseguito una laurea in ingegneria mineraria, buona per farsi una posizione nel ramo industriale, dedicandosi all’organizzazione del lavoro e allo studio del sottosuolo. Il calcio era rimasto per anni solo una passione profonda come le gallerie che scavava nella roccia. Era poco più di un hobby. Al massimo, in qualche sfrenata fantasia, sarebbe forse diventato un redditizio passatempo. Niente di più. Quel passato minerario finì comunque per avere grande importanza. Non tanto per la sua specifica attività professionale che Herbert pensava di dover prestare per tutta una vita ma che invece rimase al centro delle attenzioni solo per pochi anni, quanto piuttosto per la straordinaria contiguità alla multiforme natura umana. Perché Chapman, proprio in quegli anni di lampade e caschetti, imparò ad osservare e setacciare con attenzione l’inafferrabile materia umana, analizzando tutto l’ampio spettro del suo manifestarsi, le spinte emotive, le pulsioni e gli incerti più aerei e volubili. Sarà così che Chapman affinerà la sua principale dote: quella di ascoltare e di farsi ascoltare.

“The Chapman System”

Quando la sua passione e i primi successi lo trasformano in allenatore, Herbert mette a frutto le esperienze maturate all’ombra dei pozzi e delle montagne di torba e carbone. Quelle attitudini si rivelano fondamentali per la sua carriera a bordo campo. E’ così che diventa infatti uno stimato uomo del dialogo. Herbert cambia radicalmente approccio e modalità a quello strano mestiere. Da quando va a sedere in panchina comincia a coltivare rapporti stretti con i giocatori. Con loro discute e prepara le partite, li motiva, li sprona, ragiona su come migliorare il gioco e, soprattutto, pregio straordinario per quei tempi di capitani e comandanti, li ascolta facendo tesoro dei loro suggerimenti. L’innovativo modulo “WM” nasce proprio così, nel corso di una riunione settimanale dopo uno dei peggiori sabati di sempre, dopo una sonora sconfitta rimediata a Newcastle per sette a zero.

Una salutare modifica delle regole

Quel calcio era ben diverso dall’attuale, a partire dalle regole. Vi erano state discussioni e proteste a non finire sull’introduzione della nuova regola dell’offside che risultava particolarmente restrittiva. Il gioco ne aveva risentito ingessando moduli e tattiche e buona parte delle manovre offensive. D’un tratto le partite, sino a lì spettacolari e ricche di emozioni, erano diventate prevedibili e noiose, finendo spesso a reti inviolate. Il pubblico finiva per rumoreggiare e lamentarsi: la noia era tanta e gli spalti, in genere gremiti, cominciavano a presentare preoccupanti buchi Fu così che, a furor di popolo, la Federazione decise allora di correre ai ripari e cambiare nuovamente il regolamento, attenuando quella previsione e favorendo così maggior dinamicità negli spostamenti delle squadre e nello sbilanciamento delle punte. Il calcio tornò magicamente a farsi veloce, imprevedibile e offensivo, le partite tornarono a chiudersi con punteggi rocamboleschi.

Ordine e equilibrio

Chapman si disse soddisfatto. Per lui il calcio doveva essere ordine ed equilibrio ma anche spettacolo e rapidità. Adesso però il rischio di andare incontro a sonore sconfitte, come pure ad esaltanti vittorie, era diventato del tutto concreto e palpabile. Serviva quindi correre ai ripari. La riunione di quel martedì mattina aveva proprio il compito di fare il punto sulle gravi defaillance difensive mostrate qualche giorno prima. Herbert stava maturando una svolta di ordine tattico. Si era infatti convinto che fosse necessario mettere le mani al modo con cui la sua squadra scendeva sul terrendo di gioco, ma fu la sua punta più veloce e potente, il celebre Charlie Buchan, a suggerirgli di arretrare un mediano sulla linea dei due difensori quel tanto che bastava per trovarsi in vantaggio numerico sulle punte avversarie.

La nascita del “Sistema”

Nasce così il celebre “3-2-2-3” con tre difensori in marcatura – da due laterali e uno stopper centrale – un quadrilatero di centrocampo dai ruoli diversi e una linea offensiva di tre attaccanti. Il calcio di Chapman innova tutti i vecchi principi e i moduli piramidali, rimette ordine nel gioco e, soprattutto, scommette sulla profondità e la verticalizzazione. Il calcio scopre il passaggio filtrante e la verticalità. Il “Sistema” cambierà faccia al calcio proiettandolo nella modernità, ma non sarà l’unico straordinario contributo di Chapman alla scienza del football. Sir Herbert sarà infatti il primo ad apporre i numeri sulle maglie dei giocatori per renderli distinguibili a seconda del loro ruolo, il primo a colorare a spicchi il pallone per renderlo più visibile, il primo a  ideare e progettare gli impianti di illuminazione per giocare le partite in notturna coniugando il football con il dopolavoro di operai e maestranze, il primo a disegnare una mezzaluna davanti all’area di rigore per dare effettiva applicazione alle regole tenendo così a distanza gli avversari al momento della sua esecuzione. Sir Herbert riuscì addirittura a convincere le autorità a cambiare nome alla fermata della metropolitana che da “Gillespie Road” si trasformò in “Arsenal” come lancio pubblicitario per la sua squadra. Con la sua figura e le sue gesta ispirerà anche un film del 1939, “The Arsenal Stadium Mistery”, che verrà girato proprio sul campo di Highbury qualche anno dopo la sua scomparsa. Herbert divenne  uno degli allenatori più vincenti di sempre. Rimarrà per sempre nella storia non solo per questo motivo ma anche perché comprese che il calcio è un’espressione collettiva, un gioco di squadra che tiene assieme acume tattico, ordine, disciplina ed una buona dose di creatività.