Once in a lifetime: François Cevert

Il 25 febbraio 1944 nasce a Parigi Albert François Cevert Goldenberg, di professione pilota automobilistico. François appartiene al mito. La sua storia, le imprese, quell’insondabile leggerezza, pari solo alla singolarità di un destino infausto, ne hanno fatto un simbolo, l’espressione più autentica di quella rara essenza che permea da sempre le leggende delle corse d’automobile. Perché, sotto una disarmante umiltà, François era un pilota eccezionale.

Un talento fuori dal comune

Per frequentare in quegli anni le piste d’asfalto non erano necessari solo fegato, muscoli e nervi. Quelli erano solo i requisiti minimi per avvicinarsi ad una disciplina fatta di violente vibrazioni, leve e cerchioni. Per tenere in pista una monoposto e farla scivolare via più velocemente degli avversari dovevi frequentare un ampio catalogo di arti magiche. Dovevi possedere un talento assolutamente fuori dal comune. Cevert ne era ampiamente fornito. Non era solo bello come e più di un attore di Hollywood, ma aveva arti e tessuti di rara sensibilità. Fuor di retorica, François era un autentico divo, un acrobata delle quattro ruote, un uomo di grandi passioni e metalliche intensità. Anche per questo gli occhi azzurri che spuntavano dalla visiera del casco divennero ben presto un’icona frequentata della Formula Uno e del periodo d’oro delle corse, quello che segnò la fine degli anni sessanta e l’inizio del decennio successivo.

Una folgorante carriera

Come tanti protagonisti di quell’epoca, François cominciò a dare confidenza alla velocità alzando polvere in precario equilibrio su due ruote. Iniziò quasi per scherzo portando in gara una pesante e poderosa Norton. L’esordio non fu certo dei più fortunati. Cevert non arrivò nemmeno al traguardo perché il motore cedette di schianto lasciandolo a piedi in balia di recriminazioni e improperi. Tanto però bastò per essere notato da un altro baldo e veloce giovine, quel Jean Pierre Beltoise già destinato a diventare un habitué del Circus al volante di Matra e BRM. Jean Pierre intuisce tutto il suo talento e lo sprona a continuare. Ma l’esistenza di François avrebbe preso chissà quale direzione se la sua compagna, l’adorata e influente Anne Van Malderen, non avesse spazzato via ogni dubbio spingendolo a pensare alle corse come a un ineluttabile destino. Così, alla fine, il giovane Cevert si risolse a correre, indebitandosi sino ai capelli per iscriversi alla prestigiosa scuola di pilotaggio di Le Mans. Fu l’inizio di una folgorante carriera.

Fiuto e traiettorie

Cevert si dimostra sin da subito un talento assoluto in fatto di intraprendenza, fiuto, traiettorie e temerarietà. Prima di cogliere i primi risultati deve però imparare ancora molto sulla meccanica, la regolazione e gli assetti. Completa il suo apprendistato in due sole stagioni e comincia quindi a raccogliere i primi successi. Nel 1968 si aggiudica il titolo nazionale di Formula 3 con la Tecno dei fratelli Pederzani e finisce nei primissimi posti anche la stagione successiva, sul palcoscenico della più impegnativa Formula 2. Questa volta, a prendere nota della sua perizia, sono davvero in molti. Tra questi, il più determinato è il grande Jackie Stewart, alla ricerca di una giovane spalla da far crescere a sua immagine e somiglianza. Jackie lo vede sfrecciare con maestria sul circuito cittadino di Crystal Palace, ne ammira le linee e lo spunto e lo raccomanda a Ken Tyrrell. Davanti al giovane francese si spalancano le porte della massima serie.

Stagioni elettrizzanti

Quelle dal 1970 al 1972 sono tre stagioni elettrizzanti, piene di riconoscimenti, piazzamenti, dodici podi e uno straordinario successo a Watkins Glen, su una pista che segnerà per sempre la sua giovane carriera. Ma non ci sono solo le monoposto nel suo palmares, perché Cevert diventa anche una presenza fissa nel Campionato Sport-Prototipi e nel 1972, in coppia con il neozelandese Ganley, strappa il secondo posto nella leggendaria “24 Ore di Le Mans” a bordo dell’altrettanto leggendaria Matra-Simca MS670. Cevert è ormai avviato ad una carriera straordinaria. Quella del 1973 è un’altra stagione vincente per la Tyrrell. Jackie conquista a Monza il suo terzo titolo mondiale a spese della Lotus di Fittipaldi e nell’ambiente si comincia insistentemente a sussurrare che sia sul punto di ritirarsi lasciandogli quindi via libera. Lo scozzese medita da tempo il grande passo. La stampa ormai non ha dubbi: Cevert sarà la prima guida della Tyrrell per la stagione successiva. Ma il destino si mette di mezzo.

Un tragico destino

Durante le prove del Gran Premio degli Stati Uniti, Cevert si lascia tradire dall’eccessiva confidenza con la pista e da tutta l’esuberanza del suo talento. Vuole dimostrare a tutti che la sua candidatura è la più autorevole per il volante di prima guida. Quello americano è un tracciato tecnico e difficile. E’ una pista insidiosa, fatta di saliscendi e compressioni, ma è anche una delle preferite perché andare forte lì significa essere tra i migliori del lotto. Non è un bel week-end. Cevert non sta bene. Ha una caviglia dolorante per un infortunio. Prima di salire in vettura per la sessione di prove ufficiali sopporta anche un violento attacco di mal di stomaco. Ken gli consiglia di prendere tempo, ma lui di tempo non ne ha. François decide di scendere in pista per sfidare Ronnie Peterson e strappargli così il miglior tempo sul giro. La sua Tyrrell numero sei abborda nervosamente un infido e ravvicinato scambio di curve. Probabilmente azzarda oltre il lecito, certamente stringe troppo l’angolo della curva. François perde il controllo. La monoposto esce di traiettoria a tutta velocità. Spinge fino in fondo il pedale del freno ma ormai è troppo tardi. Solo pochi metri, ancora solo qualche frazione di secondo e il sipario precipita al suolo come una ghigliottina. La Tyrrell numero sei finisce tragicamente fuori strada alla fine della “esse” in salita ad oltre duecento chilometri all’ora, schiantandosi frontalmente sulle barriere e rovesciandosi disastrosamente sul guard-rail. Cevert muore sul colpo. Con lui si chiude uno dei capitoli più entusiasmanti della storia della Formula Uno. Con lui termina definitivamente la lunga epopea delle invincibili Tyrrell. Nelle ore successive al dramma, il compagno, amico e mentore Stewart decide di ritirarsi per sempre da ogni competizione motoristica.  François rimarrà per sempre nel cuore degli appassionati e nell’iconografia di quel mondo così duro, cinico e spietato ma anche disarmante, romantico e straordinario. Come per molti di quei protagonisti, la prematura morte lo consegnerà alla storia anche a dispetto dei risultati raccolti. Perché nelle corse non è sempre determinante salire sul podio, quanto piuttosto il modo con cui ci si avvicina, la maniera con cui ci si guadagna il lasciapassare per l’eternità.