Once in a lifetime: Kenny Dalglish

Il 4 marzo 1951 nasce a Dalmarnock, profondo east end di Glasgow, Kenneth Mathieson Dalglish, di professione calciatore, allenatore e dirigente. Spesso il destino si diverte a ostacolare e rinviare nel tempo sodalizi che sembrano invece incisi nella pietra e che si preannunciano, sin da subito, fatali e naturali, proprio come quello che avrebbe legato per venti e più anni il giovane Kenny alla maglia rossa del Liverpool.

Il segno del destino

Dalglish aveva affrontato la solita gavetta. La sua smisurata passione per il football era così passata dal fango dei campetti di periferia a quelli più attrezzati della cintura urbana. Aveva coltivato il suo sogno. Voleva indossare la maglia dei Reds. Quella squadra e quel suo gioco, sempre condotto sul filo di un’esasperata e asfissiante tensione, lo avevano stregato. Kenny era una giovanissima punta agile e veloce, ben equipaggiata sotto il profilo tecnico e dotata di un tiro potente e velenoso. Nonostante fosse di gran lunga la promessa più talentuosa dell’intero distretto, i primi provini si rivelarono esperienze difficili se non addirittura frustranti. Incredibilmente, Dalglish venne infatti scartato dai Reds e da mister Shankly, in persona, che lo giudicò troppo esile e leggero per il football d’attacco praticato dalla sua formazione. Di quello stesso avviso furono anche il West Ham e i Rangers. Così, un deluso Kenny, figlio di un ingegnere protestante cresciuto a poche centinaia di metri dai cancelli di Ibrox, era finito, ironia della sorte, a far correre palloni e sogni per il cattolico Celtic, l’altra metà del cielo di Glasgow, solo perchè lì aveva finalmente trovato chi aveva subito creduto in quel nervoso e agitato talento. Jock Stein, che masticava football e schemi già da molto tempo, non aveva fatto fatica a riconoscere le sue qualità, la travolgente velocità, l’agilità del dribbling, la potenza e la precisione nelle conclusioni. Ma, su tutto, Jock si lasciò rapire dalla spietata freddezza che Kenny dimostrava in area di rigore, davanti ai portieri avversari, in quel magico perimetro di gioco che decreta da sempre successi o fallimenti. Stein non ebbe dubbi: quel giovane avrebbe fatto sicuramente strada. All’esordio in campo – un’amichevole d’estate – Dalglish segna la bellezza di sei reti, una più bella dell’altra. Nel lasso di qualche settimana la giovane promessa di Dalmarnock diventa una colonna portante di quella straordinaria e arrembante squadra, equilibrio perfetto di forza, esperienza e imprevedibilità. Al pari di Lennox, McNeill, Macari e McGrain, Kenny diventa un idolo di Celtic Park.

L’ingresso nella leggenda

Ma poi, come spesso accade quando è scritto nel destino, le strade di Dalglish e dei Reds tornano ad incrociarsi. Avviene in un momento delicato, in quello, forse, più difficile per i Reds, quello cioè dell’abbandono di Keegan, fresco vincitore di Coppa ed ormai pronto ad una lusinghiera avventura in Bundesliga. Bisognava sostituire il “Re” e Anfield, si sa, è luogo non solo tremendamente esigente ma anche ben poco tenero con i deboli di cuore. I Reds non hanno dubbi. D’altro canto non ci sono molte altre soluzioni praticabili. Paisley mette mano al portafoglio e spende la cifra record di 440.00 sterline per assicurarsene i servigi. Il sogno si realizza. Kenny arriva finalmente a Liverpool sotto i riflettori dei media, accolto da curiosità ma anche da molte perplessità. Quelle ritrosie si dissolveranno però in un baleno, nel tempo di una sola partita. A Kenny bastano infatti novanta minuti per conquistare la Kop e tutta la tifoseria. L’inizio della leggenda coincide con il giorno del suo esordio ufficiale, in occasione della prestigiosa Supercoppa Europea che mette di fronte i Reds all’Amburgo di Keegan in un singolare e appassionato confronto tra passato e presente. E’ una specie di cortocircuito tra vecchi e nuovi idoli. Vincono i nuovi, vince il Liverpool per sei reti a zero e Dalglish entra direttamente nel futuro del club. Vi rimarrà attivamente sino al 1990 marchiando, a suon di gol, trofei e coppe, il periodo più intenso e fortunato del club del Mersey e diventando una pedina inamovibile dello schieramento messo in campo da Paisley, prima, e da Fagan, poi. Negli ultimi anni di quella incredibile carriera finirà anche per sedersi in panchina con l’inedito ruolo di allenatore-giocatore. In quella singolare veste si aggiudicherà altri tre titoli nazionali e due Coppe d’Inghilterra. Quel suo sogno giovanile si trasformerà così in un inossidabile mito.

Il miracolo dei Rovers ed il ritorno ad Anfield

La sua epopea però non si concluderà sotto il cielo della Kop. All’indomani della chiusura di quella lunga parentesi, Kenny cercherà nuove sfide. Era infatti arrivato il momento di misurarsi con un ambiente diverso e con il futuro. Il calcio inglese stava già mutando pelle e fisionomia ma c’era ancora spazio per raccontare qualche bella favola. Dalglish si trasferisce così a Blackburn. Sarà lì che troverà le energie e la forza per compiere il miracolo più grande conquistando con i Rovers uno spettacolare titolo nel 1995. Il nome di Dalglish passerà così per sempre alla storia entrando nel ristrettissimo novero degli allenatori ad aver vinto il campionato alla guida di due squadre diverse. Ci sarà infine spazio anche per ulteriori brevi parentesi sulle panchine di Newcastle e Celtic. Poi, nel 2011, la storia di divertirà a rimescolare le carte. Per placare gli umori della piazza, la contestata presidenza del club del Mersey lo invita ad accomodarsi nuovamente sul primo gradino di Anfield per ridare entusiasmo e ossigeno ad un ambiente in grossa difficoltà. Ancora una volta, Kenny risolleverà le sorti della squadra conquistando la Coppa di Lega.

L’indomabile spirito del “Re di Anfield”

Dalglish non è stato solo uno straordinario attaccante e un allenatore dalla mentalità vincente. Kenny è e rimarrà per sempre il vero “Re di Anfield”. Merito non solo delle acrobatiche marcature, delle incredibili giocate, dei gol impossibili e della velocità con cui aggirava i difensori e i portieri avversari ma, anche e soprattutto, dell’indomabile spirito con cui sapeva affrontare ogni sfida. Dalglish è rimasto una solida certezza, anche oggi che è tornato a collaborare con lo staff tecnico dei Reds. Non si è mai rassegnato alla sconfitta, non ha mai levato il piede nei contrasti nè ha avuto paura del presente o del futuro. Perchè, in definitiva, la sua partita terminava solo quando l’arbitro fischiava la fine. Per questa sua eclatante e contagiosa forza interiore, per il suo carattere volitivo, sincero, ruvido e appassionato, per la cura e la dedizione con cui ha onorato lo sport fronteggiando gli avversari come anche le dolorose e drammatiche pagine di Heysel e di Hillsborough, rimarrà nel cuore non solo dei tifosi di Liverpool ma di chiunque si emozioni ancora a leggere le sorti del mondo e degli umani negli incerti rimbalzi di un pallone.