Once in a lifetime: Gillo Dorfles

Il 12 aprile 1910 nasce a Trieste Angelo Dorfles, di professione critico d’arte, pittore e saggista. Se esiste un’anima in grado di narrare tutto il percorso evolutivo delle arti applicate nel corso del Novecento, è quella di Gillo Dorfles. Perché Angelo, goriziano per parte di padre e genovese per parte di madre, ha dato al termine “intellettuale” un nuovo significato, sottraendolo alla polvere di università e accademie per ancorarlo alla realtà quotidiana e agli affanni, alla ricerca e alla bellezza, al rigore e all’intelligenza. E’ grazie a questo approccio se Dorfles è diventato un riferimento autorevole e un lucido cronista di un secolo di estetica.

Una bussola per il futuro

La sua capacità di studio delle arti pittoriche e architettoniche ne ha fatto non solo un maestro dell’indagine critica. Per molti studiosi e colleghi Gillo è diventato negli anni una sorta di bussola per orientarsi tra gli aspetti sociali e antropologici dei grandi fenomeni culturali che hanno attraversato la società dei consumi del dopoguerra italiano. Dorfles ha parlato prima di altri il linguaggio della contemporaneità cogliendo come il futuro avrebbe mescolato espressioni e attitudini distanti e divergenti. Gillo ha infatti capito l’importanza di quel passaggio in netto anticipo sui suoi tempi. Il suo interesse si è così concentrato sull’approfondimento critico dei meccanismi di formazione dei gusti e delle tendenze legate alla moda, alla comunicazione di massa e alle relazioni sociali. Dorfles è sempre stato modernità. Ne ha parlato il linguaggio cogliendone gli aspetti più nascosti, ne ha celebrato lo spirito valicando limiti e preconcetti nel rispetto di fondamentali vincoli. Alle cose ha sempre chiesto utilità e bellezza. Queste qualità le ha cercate ovunque sino a rintracciarle nelle trame più inquiete e nei passaggi più critici, quelli che svelano disagio come anche coraggio, intraprendenza e libertà.

Serietà e leggerezza

Dorfles ha insegnato al suo mondo a prendere le cose per quello che ci possono dare, senza lasciarsi condizionare o irretire da sovrastrutture, vezzi, scuole e accademie, discernendo sempre la sostanza e lavorando sui decisivi concetti di contemporaneità ed urgenza. L’arte e il design non hanno conosciuto molti protagonisti della sua levatura. I suoi lavori e le sue riflessioni hanno stimolato molte generazioni, le hanno spinte ad osservare il mondo da punti di vista molteplici ed angoli inediti con serietà e leggerezza, qualità che aveva preso a prestito da “giganti” del pensiero come Calvino e Pasolini. La sua grande modernità lo ha spinto a non rassegnarsi mai al pensiero omologato, a non arrendersi al fatto compiuto e a non rinchiudere in recinti chiusi le espressioni creative. E’ così che la sua articolata visione ha reso palesi ed evidenti i legami profondi che scorrono tra categorie e discipline, dall’artigianato materiale alle arti visive, dal design all’architettura e alla poesia.

Un maestro di spazio e bellezza

Nell’immaginario estetico di Dorfles grafica, tipografia, pittura, comunicazione e pubblicità hanno quindi trovato una nuova identità. E questa loro natura si è legata ad una visione creativa dalle profonde radici culturali e industriali. Per Dorfles il design è sempre rimasto, infatti, un’arte applicata che non può fermarsi alla gradevolezza dovendo invece rispondere al mondo funzionale di un quotidiano reale, misurandosi con scopi materiali, semplici e lineari, lontani da qualsivoglia parvenza di mero esercizio stilistico. Grazie alla sua colta analisi, il design, sdoganato infine dal rango di disciplina minore, ha finito per assumere una posizione centrale nel campo espressivo, anche grazie alle enormi potenzialità promozionali e didattiche.

Anima libera e controcorrente

Gillo, che oggi compie centosei anni, è rimasto sempre un protagonista di queste idee moderne, un’anima libera e controcorrente, un ostinato guardiano estetico preoccupato dal rischio che l’esaltazione di canoni e una concezione elitaria dell’arte finiscano per favorire la “diseducazione” del pubblico, alimentando il grave distacco tra espressività e gusto del tempo. Intellettuale elegante, anticonformista e fuori dagli schemi, Dorfles ha dedicato l’intera vita e questi ultimi anni a tenere a distanza la banalità raccontando la deriva del kitsch omnipervasivo e l’annoiata assuefazione di una società condannata a subire un’inarrestabile moltiplicazione di oggetti, informazioni e sollecitazioni sensoriali, una situazione critica a cui è, più che mai, necessario reagire sviluppando, con ironia e lucidità, una maggiore ed autonoma individualità, nel tentativo di ristabilire quell’essenziale “pausa” senza la quale l’umanità rischia di precipitare nell’orrore d’un “pieno” non più frammentabile e dominabile. «Non basta dire che una cosa è arte perché lo sia. Non solo, ma molte cose che sono spacciate per arte, sono solo maniera o abilità tecnica».