Once in a lifetime: Johnny Thunders

Il 23 aprile 1991 muore a New Orleans John Anthony Genzale, Jr., in arte Johnny Thunders, di professione musicista. John veniva dal Queens. Era cresciuto sulla strada, nel cuore di un intricato alveare di palazzine dormitorio. Tutta la sua infanzia era ruotata attorno a un fazzoletto di asfalto che aveva conteso a polvere e cemento inseguendo sogni e illusioni tra gli isolati grigi e anonimi della prima periferia. Erano anni estremi e frenetici, di stridenti paradossi, di magnati e petrolio, banche e miserie. Erano gli anni dei comics.  Marvel e Dc avevano fatto dei vicoli delle metropoli l’ambiente elettivo di tanti straordinari caratteri. Come molti suoi compagni, anche John non aveva resistito al fascino di quell’immaginario e si era messo in mente un’idea bislacca. Perché John aveva un sogno: voleva fare il supereroe. Immaginava di correre in soccorso di ragazze in pericolo o di salvare le vecchine scippate mettendo in fuga i banditi. Avrebbe fatto di tutto pur di compiere le stesse gesta dei suoi eroi di carta impedendo al crimine di impadronirsi del suo quartiere ancorato stabilmente ai confini del degrado.

Il regno del caos

Il giovane John jr. aveva trascorso tutta l’infanzia tra le pagine dei suoi comics promettendo a se stesso che da grande avrebbe fatto il possibile per riportare l’ordine nel regno del caos. Johnny avrebbe fatto il suo dovere per rimettere le cose a posto in quello strano mondo di adulti distratti e indaffarati. Ma poi le cose avevano preso una piega inaspettata. La scuola l’aveva respinto, la famiglia allontanato, il quartiere allevato e lui, infine, aveva esitato nei pressi del crocevia del destino prendendo la prima a sinistra, andando fatalmente in direzione opposta rispetto a quella che aveva sognato. Invece di vestire la tutina aderente del supereroe, Johnny avrebbe preso in mano una chitarra elettrica rubando il nome a un celebre protagonista della Marvel per incarnarne la nemesi recitando il ruolo di un autentico antieroe. Anziché ordine, Johnny avrebbe portato il caos. Lo avrebbe fatto salendo a bordo di uno sgangherato ed epocale sodalizio musicale destinato a sconvolgere per molti anni non solo New York ma l’intera scena musicale degli anni Settanta, ispirando quel furore creativo che sarebbe di lì a poco sfociato nella rivoluzione del punk.

Una rumorosa e brillante attitudine

Al pari dei New York Dolls, Johnny avrebbe infatti mescolato pericolosi ingredienti di base, come il glam rock e le insane, fascinose e ruvide scie lasciate da Velvet Underground, MC5 e Stooges. Li avrebbe agitati ernergicamente sino a ricavarne una fulminante miscela incendiaria che avrebbe sparso ai quattro venti tra la Bowery e il Lower East Side. Avrebbe dato il via ad un’epocale rivoluzione non solo musicale. Perché a distanza di anni qualcosa sarebbe fatalmente cresciuto tra le crepe di quell’asfalto dissestato, tra la polvere e l’immondizia, e il mondo avrebbe cominciato a tremare. Thunders, allora, avrebbe preso posto, in compagnia di Richard Hell e Jerry Nolan, su un diverso e più attrezzato bastimento, quello degli Heartbreakers, e al ritmo incalzante di programmatici minor hits come “Born To Lose” e “Chinese Rocks” si sarebbe spinto in alto mare dirigendo la prua verso benpensanti e biechi guardiani dell’ordine. Quanto a spirito e intensità, Thunders era un assoluto fuoriclasse che non aveva niente da invidiare ai cattivoni che si affacciavano dalle pagine dei fumetti preferiti e per un paio di decenni si abbandonò alla furia nichilista e autodistruttiva, agli eccessi smodati, all’alcol, agli stupefacenti e all’assidua frequentazione della sua parte oscura. Tutto questo lasciò in lui e, soprattutto, nel suo fisico una profonda impronta.

Antieroe per eccellenza

Johnny diventò per tutti il paradigma dell’antieroe maledetto e solitario in lotta con il mondo, le regole e se stesso. Johnny prese seriamente quel ruolo, vi si dedicò con impegno e dedizione. Ecco perchè la scorciatoia scelta per l’oltreverso fu breve. Thunders si congedò dagli affanni quotidiani e dai brutti pensieri con un’overdose di metadone una mattina di aprile di venticinque anni fa, risparmiandosi così tutti i successivi appuntamenti con il destino, il successo postumo, la reunion lucrativa, le ristampe del catalogo, le comparsate all’Isola dei Famosi, il grunge e il revival punk. Alla notizia della sua morte i quotidiani riesumarono coccodrilli scritti da diverso tempo, sciorinando le solite abusate figure retoriche della rockstar maledetta, dissoluta e triste. Furono in pochi a scrivere invece che quell’epilogo era esattamente quello che Thunders andava cercando da tempo. Perché Johnny aveva spalancato porte che si erano fatalmente richiuse alle sue spalle. Come ha detto Anny Garcia, che gli ha dedicato un intenso lungometraggio, “Johnny Thunders è stato un chitarrista che ha aperto una nuova strada nel rock: prima di lui, le corde non avevano mai bruciato di rabbia. Senza di lui non ci sarebbero stati i Ramones. E neanche i Sex Pistols”. D’altro canto, “il punk è un’attitudine. Come Marlene Dietrich”.