Once in a lifetime: John Peel

Il 25 ottobre 2004 muore a Cuzco, in Perù, John Robert Peel Ravenscroft, di professione giornalista, deejay e conduttore radiofonico. Il suo nome è stato una sorta di magico lasciapassare per diverse generazioni di critici e musicisti. In anni di grandi pulsioni e continue trasformazioni, divenne infatti sinonimo di qualità e attenzione, curiosità e lucidità, perché John non si occupava solo dei grandi artisti, delle star e di quelli più famosi e affermati, ma anche e soprattutto di quelli che frequentavano le scene minori e le tante nicchie creative. Perché John, ad un certo punto della sua vita artistica, si mise a raccontare la musica dal basso, adottando il punto di vista dei protagonisti più irregolari e inseguendo le tracce delle infinite derive innescate da cambiamenti epocali e rivoluzioni sonore.

“The Perfumed Garden”

Peel era un abile e preparato conduttore radiofonico. Atipico e coraggioso per quell’epoca paludata, John si lasciò apprezzare per molte qualità, per la precisione degli argomenti ma anche per la serietà e la competenza delle sue analisi. John era nato dalle parti di Liverpool, ma era stato rapito dal vento del futuro e, ancora ragazzino, si era trasferito con il padre negli States. La musica si era presentata subito al suo cospetto quando, ancora adolescente, il destino gli aveva affidato il compito di occuparsi per il giornale della scuola di quegli strani suoni che arrivavano da oltre oceano, dal suo Mersey, da casa sua. Aveva così documentato gli straordinari eccessi del tour americano di Beatles e Stones e aveva capito che il suo posto non era lì ma dall’altra parte dell’Atlantico. Era, così, rapidamente rientrato in Inghilterra nel 1967, sull’onda dell’esplosione psichedelica che aveva cambiato il volto dei quartieri centrali di Londra. Aveva fatto in tempo a partecipare agli ultimi gloriosi mesi di Radio London, dai cui microfoni aveva condotto un leggendario programma notturno, destinato a diventare la bibbia sonora di decine di migliaia di giovani. “The Perfumed Garden” raccontava, infatti, gli umori e le suggestioni delle nuove scene alternative, indicava direzioni, suggeriva viaggi e percorsi. Alla BBC Peel ci arrivò solo dopo la chiusura di quella stordente ubriacatura musicale. Con Drummond ed altri curatori diede vita alla fresca colonna sonora della neonata Radio 1, il nuovo canale che aveva il compito di intercettare i gusti giovanili arginando la spietata concorrenza delle radio pirata che, a bordo di scalcinati peschereggi, solcavano le acque internazionali al largo della costa. Peel non si lascia sfuggire l’occasione. Da “Top Gear” a “Night Ride” il tragitto è estremamente breve. Nel giro di sole poche stagioni, Peel riesce a conquistare una crescente credibilità. Convince i vertici della radio di stato a farsi più duttili e flessibili ed impone un nuovo stile di conduzione, irregolare e alternativo, dando idealmente asilo nell’etere alle tensioni giovanili ed ai sentimenti di protesta.

Uno spirito libero e indipendente

Al di là della grande passione per la musica, John regalò ai suoi appassionati ascoltatori una straordinaria attitudine. Li abituò, infatti, alle continue novità, ne stimolò la curiosità e li incitò al cambiamento aprendo loro nuove e inedite prospettive di ascolto che andavano ben oltre quelle ufficialmente promosse dall’industria discografica. Anche per questo il suo nome divenne negli anni un credibile marchio di libertà e indipendenza. Perché Peel non scese mai a compromessi dando accoglienza a tutti gli stimoli. Ma John si impose all’attenzione generale anche come formidabile talent scout con il pallino della scoperta. Le sue frequentate strisce radiofoniche regalarono una ghiotta chance a migliaia di bands e artisti misconosciuti. Il suo format, anno dopo anno, divenne una privilegiata porta di accesso al grande pubblico per gruppi emergenti, per nuovi protagonisti e per tutte le “next big thing”. Quanto a fiuto e capacità, Peel era un maestro che non si lasciava condizionare dall’immagine o dalle rigide direttive del canale, che non badava alla qualità o al fruscio di incisioni, spesso amatoriali e di fortuna. Perchè Peel sapeva selezionare e scegliere gli artisti per l’impatto delle trame sonore e l’originalità della proposta.

Suoni alternativi

John Peel ha rappresentato un capitolo importante per la storia della musica rock, perchè ne ha raccontato in diretta tutte le stagioni più eccitanti, narrando le esplosioni come i riflussi e anticipando, con arguzia e intelligenza, le traiettorie oblique e le pagine più intense. Il suo ruolo di  promotore delle nuove scene si è rivelato decisivo nella diffusione del punk, della new wave e di tutte le successive derive. La brillante intuizione di invitare le bands in studio a incidere dal vivo una manciata di brani, peraltro necessaria per aggirare le ferree limitazioni imposte dall’industria discografica, fece scuola e diventò, inoltre, un’epocale collezione di vinili, pubblicati negli anni da Strange Fruit.

“I sogni della gioventù, così diffili da sconfiggere”

Tra gli anni Settanta e gli Ottanta le “John Peel Sessions” ebbero grande impatto e risonanza divenendo un fenomeno di costume e un passaggio obbligato per tutti i maggiori artisti. Nei trentasette anni che Peel lavorò a BBC Radio 1 furono oltre duemila le bands e i musicisti che registrarono in diretta, per una totalità di oltre quattromila sessioni, un leggendario universo sonoro che andava dai Nirvana ai Cure, dai Joy Division ai Fall passando per Bowie, i Sex Pistols, i Pink Floyd, i Clash, Hendrix, i Led Zeppelin e gli Smiths. Ma, su tutto, John divenne un’autentica icona per il carattere alternativo della sua narrazione radiofonica e per il suo stile personale, sempre amabile, franco, elegante, ricco di spunti e approfondimenti ed attento alle nuove tendenze. Durante la cerimonia funebre di commiato risuonarono forti le note di “Teenage Kicks”, epocale brano degli Undertones, una delle tante bands da lui scoperte. Dal celebre hit di Feargal Sharkey e compagni la famiglia prese inoltre a prestito l’incipit per dare il solenne e imperituro saluto al loro caro. Ed è, così, che sulla sua lapide campeggia la frase “Teenage dreams, so hard to beat”, perché John, a quei sogni di gioventù, rimase sempre fedele, sino all’ultimo dei suoi giorni.