Once in a lifetime: Fortunato Depero

Il 29 novembre 1960 muore a Rovereto Fortunato Depero, artista modernista, pittore, scultore nonché illuminato pioniere del design contemporaneo. Depero fortunato lo fu non solo di nome ma anche di fatto, dal momento che fu un singolare concatenarsi di eventi e situazioni a regalargli la possibilità di lasciare la Valle dell’Adige. Fortunato prese così a viaggiare sviluppando liberamente molte delle attitudini creative che gli avrebbero in seguito permesso di leggere il mondo del suo tempo catturandone le tensioni e lo spirito più autentico. Depero divenne così un artista completo occupandosi di linguaggi, forme, espressioni ed oggetti. Pensò sempre all’arte come ad un naturale canale per affermare la propria personalità, come il modo più semplice per vivere la propria esistenza al meglio delle capacità espressive e comunicative. Visse una vita piena, entusiasta e avventurosa e lasciò al mondo un cospicuo lascito aprendo al pubblico la residenza natale di Rovereto. La sua Casa d’Arte Futurista entrerà nella storia come l’unico museo fondato da un artista futurista.

Tra fermenti, avanguardie e febbrili sperimentazioni

Raccontare la sua incredibile ascesa significa inseguire decenni straordinari e cruciali per tutte le arti espressive, anni percorsi da fermenti, avanguardie, febbrili sperimentazioni e moderne suggestioni. Quell’orizzonte era il frutto del vorticoso intreccio di idee e pensieri che avrebbe battezzato la nascita dell’arte contemporanea. Depero attraversò da protagonista tutti i primi anni del Novecento ed i suoi principali movimenti culturali, artistici e di pensiero. Li cavalcò distinguendosi da molti compagni di viaggio per una lucida e profetica visione del futuro. Depero rimase sempre fedele a quel visionario impianto di “non-valori” che avrebbero seminato ispirazione e talento per tutti gli anni seguenti. Fortunato non credeva infatti alle regole o alle convenzioni. Per lui la vita era una straordinaria opportunità da cogliere appieno, un flusso artistico in cui intrecciare a piacimento provocazione e necessità, ironia e innovazione. Per Fortunato l’arte non doveva conoscere confini né poteva rimanere confinata nell’austero silenzio di sale espositive o laboratori. Perché l’arte era di tutti, del garzone come del gendarme, dell’operaio come del carpentiere, e doveva quindi rimanere a disposizione per aiutare a cercare un senso e per aprire le coscienze regalando la vertigine del futuro. “Scopo di questa mia industria d’arte è in primo luogo quello di sostituire con intenzioni ultramoderne ogni tipo di arazzo-gobelin, tappeti persiani, turchi, arabi, indiani, che oggi invadono qualsiasi distinto ambiente”.

In compagnia di innovatori radicali

Fortunato ha lavorato al fianco di innovatori radicali come Giacomo Balla, Enrico Prampolini e Carlo Ludovico Bragaglia. Ne ha respirato le stesse pulsioni, soprattutto, ne ha condiviso lo spleen, l’urgenza nevrile e l’ardore ribellistico e iconoclasta. Depero disegnò, dipinse, scolpì, fotografò e lavorò il legno, le stoffe e i materiali. Progettò persino costumi e scenografie per Sergeij Diaghilev, il grande impresario dei Balletti Russi. Coltivò l’idea visionaria di un’arte totale e pervasiva in grado di mescolare e fondere assieme discipline diverse, dal teatro alla danza, dalla pittura alla scultura, dalla musica all’architettura, sempre all’insegna di sperimentazione, ricerca e innovazione. Fu questa profonda vocazione per la forma strutturale e le arti plastiche a spingerlo ad utilizzare ogni tipo di materiale, anche quelli più poveri. La sua personale via al futurismo transitò rapidamente dalle ipotesi teorico-radicali degli esordi, contenute nel manifesto della “Ricostruzione futurista dell’universo”, ad un approccio più artigiano, pragmatico e funzionale, aderente al reale quotidiano e al mondo delle “arti applicate”. Le sue innumerevoli intuizioni si trasformarono così in oggetti e in fine arte pubblicitaria, in moduli d’arredamento, in costumi, abiti e progetti architettonici. Nei suoi lavori Depero anticipò molti temi e contenuti che avrebbero caratterizzato i decenni successivi. Colse, ad esempio, per tempo la decisiva contraddizione tra opera prima e riproduzione seriale, quella stessa che avrebbe segnato la contemporaneità e che l’avrebbe poi consegnata alle straordinarie opportunità della promozione. In questo divenne un assoluto e profetico maestro. Perché prima dei suoi lavori o dei prodotti, Depero vendeva e pubblicizzava se stesso e la sua personale idea di arte riproducendo la propria firma come e più di un moderno brand.

Il potenziale dell’immagine

Con gli anni Depero si lascerà quindi alle spalle le sperimentazioni utopiche del rigido astrattismo per lavorare sempre più sulla grafica e sulle applicazioni concrete per la casa moderna, progettando ambienti e oggetti esteticamente caratterizzati. Il capitale lascito di questo enorme talento e la peculiare vocazione funzionale stenterà, però, a controbilanciare l’opportunistico appoggio offerto al regime fascista, che rimarrà, per tutti gli anni del primo dopoguerra, un fardello assai pesante da gestire. Ciò nonostante, il contributo artistico delle sue opere risulterà straordinariamente importante per tutto il futuro delle arti, perché comprese con largo anticipo il potenziale evocativo dell’immagine, lasciando in eredità tratti grafici visionari che diventeranno icone frequentate da molti padri nobili del design. Quel suo stile pieno e volumetrico, al pari delle celebri asimmetrie, finiranno infatti non solo per segnare un’epoca ma anche per influenzare intere platee di art director e illustratori condizionando così tutta la comunicazione pubblicitaria della seconda metà del secolo scorso.