Once in a lifetime: Gordon Banks

Il 30 dicembre 1937 nasce a Sheffield Gordon Banks, di professione portiere. Quella di sistemarsi nel mezzo di due pali immaginari, costituiti spesso solo da qualche sasso, da impercettibili segni tracciati nell’intonaco di qualche muro o, meglio ancora, da due improvvisati cumuli di cartelle e cappotti, era una singolare penitenza laica che toccava in sorte all’ultimo arrivato o a quello che con i piedi se la cavava meno bene degli altri. Ogni tanto però accadeva che ci fosse qualcuno che sceglieva deliberatamente di andare a presidiare quel fatato perimetro. In genere, proprio quello, a dispetto di ogni pregiudizio, era il segnale di un’autentica e profonda passione che in molti casi ha poi regalato anche soddisfazioni e successi. Questa singolare passione strappò il giovane Gordon ai fumi malsani della miniera e alle marce forzate del reggimento.

Un colpo di fortuna

Per Banks fare il portiere si rivelò sin da subito un autentico colpo di fortuna, anche se poi, più avanti negli anni, quel destino avrebbe bussato alla sua porta costringendolo a chiudere anzitempo la carriera. Il destino del giovane Gordon sarebbe stato diverso da quello che lui stesso attendeva. Banks sarebbe infatti rimasto con tutta probabilità a fare il minatore, a scavare gallerie e a vivere tra cumuli di terra e carbone se non fosse stato per il pallone, che, invece, lo tenne in superficie, alla luce del sole, assicurandogli una casa e un futuro decisamente aereo. Fu un osservatore del Chesterfield a notarlo mentre disputava un incontro nei ranghi del Rawmarsh Welfare FC, spietata e temibile compagine del dopolavoro minerario. Davison in persona lo convince a provare per loro. E’ il marzo del 1953 ed il futuro sta già bussando alle porte. Banks firma un contratto per un breve periodo di stage di sei partite e la sua vita prende fatalmente una diversa traiettoria. A smussare le ultime curve, singolarmente, ci si mette anche il servizio di leva. Banks venne infatti arruolato come fuciliere e spedito in Germania a fare vita da caserma, ma ancora una volta quell’esuberante passione lo spinge tra i pali della squadra del suo reggimento. Con quella maglia vincerà addirittura una coppa sbaragliando l’agguerrita concorrenza di altre armi. Il sentiero è ormai tracciato. Al rientro in patria, Davison gli offre un contratto vero. Banks sarebbe diventato un calciatore professionista, Banks sarebbe diventato un grandissimo portiere.

Una stagione di grandi parate

Le sue parate portarono la rappresentativa giovanile del Chesterfield sino alla prestigiosa finale di categoria della Coppa d’Inghilterra dove infine dovette cedere davanti all’invincibile “armada” del Manchester United. Solo due anni più tardi approdò in prima squadra. Da lì spiccò il balzo verso la Prima Divisione, destinazione Leicester, dove rimase sette straordinarie stagioni. Poi, incredibilmente, arrivarono anche giorni di grande e inattesa amarezza, perché pur avendo portato i Foxes a Wembley a giocarsi quattro finali di coppa, due di F.A. e due di Lega, e nonostante la recente conquista di una storica Coppa del Mondo con la maglia della Nazionale inglese, il board del Leicester lo mette in lista di partenza per fare cassetta e lasciare posto ad un giovanissimo e aggressivo Peter Shilton. Banks finisce così a Stoke-on-Trent, dove rimane sette lunghe stagioni difendendo inoltre la porta della Nazionale sino all’ottobre del 1972, quando un sfortunato incidente d’auto ne compromette per sempre la capacità visiva. La sua carriera attiva termina così prematuramente a trentacinque anni. Al suo posto a difendere la porta dei Potters e quella della Nazionale viene ancora una volta chiamato  Peter Shilton in una singolare staffetta. Per diciassette lunghi anni Gordon è saldamente rimasto un punto fermo del calcio di Sua Maestà, interpretando quel ruolo in maniera moderna, privilegiando affidabilità, sicurezza, agilità e senso della posizione alla pura prestanza fisica e alla mera temerarietà degli interventi.

Un’acrobatica intuizione

Banks era un atleta completo che aveva dalla sua nervi saldi, tempestività e un ricco catalogo di acrobatiche intuizioni. Tutti i più grandi portieri si sono visti attribuire nel corso della loro carriera una qualche dote soprannaturale. D’altro canto, per prendere tutti quei palloni qualcosa di straordinario dovevano pur averlo. Del mitico Zamora, ad esempio, si diceva che ipnotizzasse gli avversari, di Yashin si sosteneva che avrebbe parato anche bendato per via di una palese confidenza con i quadrifogli, di Cudicini si mormorava che avesse l’agilità di un ragno. Per tutti, Gordon, invece, era un mago, una specie di alchimista del football. Sembrava infatti indovinare dove diavolo sarebbe finito il pallone prima ancora che venisse calciato. Era per questo che si muoveva sicuro tra i pali e nel mezzo delle più furibonde mischie in aria di rigore trasmettendo calma e fiducia ai reparti difensivi che guidava. Entrò nella leggenda grazie al titolo mondiale conquistato a Londra nel 1966 e, soprattutto, per le superlative prestazioni di quattro anni più tardi ai mondiali messicani del 1970. In quell’occasione venne anche accreditato come autore della “parata del secolo”, la più “impossibile”, quando riuscì incredibilmente a deviare sopra la traversa un micidiale colpo di testa di Pelè da distanza ravvicinata. La stampa gridò al miracolo ma lui, con grande humour, ammise candidamente che quella, in realtà, era stata solo frutto di un’intuizione. Banks si rese conto di quello che aveva fatto solo qualche secondo dopo il prodigioso intervento, quando risollevatosi aveva visto il pallone rotolare addosso ai cartelloni pubblicitari. Fu in quel preciso istante che sentì il boato della folla dello stadio di Guadalajara e l’urlo strozzato di Pelé. «In quel momento ho odiato Banks più di ogni altro calciatore al mondo, non potevo crederci. Era la più grande parata che io avessi mai visto.» disse, molti anni dopo, il fuoriclasse brasiliano.