Once in a lifetime: Alvar Aalto

Il 3 febbraio 1898 nasce a Kuortane, Finlandia, Hugo Alvar Henrik Aalto, di professione architetto e designer. Alvar ha percorso anni turbolenti e stimolanti, drammatici ed esaltanti. Lo ha fatto con rigore e intensità, seguendo una rotta che lo ha messo al riparo da incerti e cadute. Nel corso del tempo il suo percorso è sempre rimasto essenziale e lineare come i primi segni che ha tracciato sulla carta e dai quali sono scaturite mirabili prospettive.

Il “Mago del Nord”

La sua stagione è la stessa dei più grandi maestri dell’architettura, di Le Corbusier, Gropius e Lloyd Wright. Con loro Alvar ha attraversato tutto il periodo razionalista ricercando sempre l’essenza delle cose e mettendo le ardite linee progettuali al servizio del quotidiano come del futuro. Come molti dei suoi illustri compagni di strada, Aalto ha collocato l’uomo e la sua dimensione sociale al centro di tutto, di ogni pensiero e progetto. La sua visione ha trovato saldi punti di ancoraggio  nel mondo della natura e nei suoi elementi essenziali. Così, nel corso di decenni di attività, il “Mago del Nord” ha sovrapposto alle pure linee dei propri progetti la luce, i suoni e la morfologia dei luoghi costruendo un’inedita, originale e moderna sintassi dell’architettura, dell’urbanistica e del design. Nelle sue opere, le curve accentuate e i nuovi concetti estetici diventano un naturale complemento del candore delle distese innevate della sua terra e una pacata estensione delle dimensioni verticali regalate da boschi di abeti e conifere, da compressioni, laghi e colline. Di quell’instabile relazione è la natura, però, a rimanere assoluta protagonista sottraendo a quel mondo severo “faccia a vista” il “punctum” della visione sino a farsi custode del cuore profondo non solo delle cose ma anche di sentimenti e pensieri, idee e progetti.

Armonia e qualità

Per tutti gli anni in cui ha inventato volumi, Aalto non si è mai lasciato abbagliare dall’arrogante pretesa dell’uomo di dominare il tempo e lo spazio. I suoi lavori sembrano piuttosto prendere la distanza da leggi e regolamenti, convenzioni e simboli, ricercando un’armonia profonda con i luoghi e privilegiando la qualità umana della partecipazione collettiva e comune. Aalto pensa infatti al benessere come un diritto universale, al comfort come ad una condizione dell’anima e al design, anche di matrice industriale, come ad una dimensione primaria del pensiero umano. Questi aspetti delle sue architetture integrano la complessa trama della sua visione e la sua personale heritage filosofica e artistica, l’idea, cioè, assolutamente politica, che l’uomo realizzi se stesso solo attraverso scambio e condivisione. In questo senso, le sue forme sono diretta declinazione di un pensiero sociale, di una moderna visione egualitaria di relazioni e rapporti. In quest’ottica la sua architettura diviene quindi una sorta di via illuminata al processo democratico. L’utilizzo, inoltre, di materiali tradizionali, come il legno e i mattoni, e il ricorso a curve rotonde che piegano lo spazio con naturalezza ed eleganza infondono alle sue opere un carattere di silenziosa e spirituale sensualità che le trasforma in un omaggio alle terre scandinave e al perpetuo alternarsi di pianure e depressioni.

Un precursore dei tempi

Aalto è stato un assoluto precursore dei tempi. Ha ragionato di compatibilità e sostenibilità con almeno cinquant’anni di anticipo rispetto a tutti i colleghi. Ma Alvar ha fatto anche molto di più racchiudendo nelle sue linee l’uomo e tutta la fragile debolezza della sua condizione. Perché Aalto non è stato solo un talentuoso genio dell’ingegneria urbanistica ma anche il principale ispiratore di un’architettura etica e sociale al servizio dell’uomo, del paesaggio e della qualità dell’abitare. “Negli ultimi decenni l’architettura è stata spesso paragonata alla scienza e ci si è impegnati a un lavoro più scientifico, tentando addirittura di farne una scienza vera e propria. Ma l’architettura non è una scienza. L’architettura è, e resta, un meraviglioso processo di sintesi in cui sono coinvolte migliaia di componenti umane: essa rimane pur sempre “architettura”. La sua missione è ancora di armonizzare il mondo materiale con la vita. Rendere l’architettura più umana significa fare architettura migliore, e significa allargare il concetto di funzionalismo oltre il limite della tecnica. Questa meta può essere raggiunta solo con mezzi architettonici, creando e combinando le tecniche, così che si possa offrire all’uomo l’esistenza più armoniosa possibile.”