Once in a lifetime: Libero Liberati

Il 5 marzo 1962 muore a Terni Libero Liberati, di professione pilota motociclistico. Di quegli anni di rapide ascese e fragili miracoli Libero incarnò lo spirito ideale. Liberati era nato per correre sulle due ruote e così fece, a dispetto di censo, aspettative e possibilità. Vi riuscì non solo per una profonda passione ma, anche e soprattutto, per una ferrea e ostinata volontà che non si piegò mai nemmeno di fronte alle svolte improvvise.

Pilota per diletto

Libero veniva dalla provincia. In sella alle moto ci era cresciuto. Era parte del suo primo mestiere, quello di apprendista meccanico nell’officina di Giulio Allegretti. Fu merito del suo titolare se finì per portarne la prima in gara, quasi per scherzo, nella cronoscalata Fontivegge-Perugia. Non andò troppo male e a quella corsa ne seguirono molte altre. Ma il tutto rimase comunque un impegno amatoriale. Libero le moto le pilotava per diletto, almeno inizialmente, per spostarsi veloce, per andare in fabbrica a Terni a prendere il bilico e a caricarlo di acciaio. Perchè Libero per vivere faceva il camionista. Non aveva capitali o risorse. Alle spalle non poteva contare su sponsor influenti o genitori facoltosi. Anzi, suo padre era fermamente contrario che coltivasse quella singolare, costosa e bislacca idea. Libero non aveva insomma alcuna possibilità di mettersi a correre sul serio, di farlo a livello professionistico. Ma aveva, però, un gran cuore e molti amici. Fu grazie a loro, alla generosità di un’improvvisata colletta che, nell’immediato dopoguerra, il destino lo mise in sella ad una potente Guzzi Dondolino da 500 cm³. E’ l’inizio di una carriera trascorsa a tutta velocità, dentro e fuori dalle diverse classi e dai principali anelli stradali italiani ed esteri, a battagliare con avversari, pregiudizi e spietati ordini di scuderia.

Anni difficili

I primi anni sono difficili. Quello del motociclismo è un ambiente severo ed estremo, dove nascono grandi amicizie ma anche rivalità antiche ed esasperate. Chi può permettersi i meccanici migliori e una buona moto parte sempre davanti a dispetto di talento e capacità. Ma Liberati è uno tosto, uno che sa il fatto suo, che raramente si scoraggia, che pensa solo a migliorare nella convinzione che, prima o poi, i risultati arriveranno. Libero deve sgomitare per farsi largo, per conquistare la fiducia e il favore del pubblico. Ma il suo è talento puro, destinato ad emergere nonostante mille traversie. Anche l’ambiente comincia ad accorgersene. Non sono poi molti i piloti che governano così bene l’asfalto, che pennellano così efficacemente curve e varianti. In breve tempo Libero diventa un riconosciuto mago delle traiettorie, agile e pronto ad assecondare le pieghe e le asperità di ogni tracciato. Merito della forza e del coraggio ma anche della sua affezionata Gilera Saturno, alla cui guida diventa un dominatore delle monocilindriche.

Una continua ascesa

La sua ascesa continua così di vittoria in vittoria, di anno in anno, sino alla conquista del titolo mondiale del 1957, conteso e strappato al grande Surtees e all’inglese McIntyre. Fu una stagione memorabile. Liberati vince a Monza, sulle ripide compressioni di Spa e a Dundrod, ma è ad Hockenheim che entra nella leggenda aggiudicandosi il Gran Premio di Germania nelle categorie della 350 e della 500 sotto una burrasca di pioggia e vento. Libero guada, infatti, fiumi d’acqua in equilibrio sulla moto. Al termine di quella vittoriosa stagione, per una serie di guai finanziari, la Gilera decide però di chiudere con il programma delle competizioni. La MV Agusta lo corteggia a lungo ma lui non si fida. Percepisce quel cambio alla stregua di un tradimento. Libero è molto affezionato al marchio lombardo. Conosce ogni centimentro di quel motore, sa come sfruttarne ogni singolo cavallo. Libero decide. Si fermerà anche lui.

L’intreccio “fatale” con la Gilera

Liberati rimane così fermo ad attendere il corso degli eventi e il ritorno alle corse del marchio di Arcore. Gareggia quindi con diversi mezzi privati ma, nonostante la classe e l’innata capacità, fatica a reggere il confronto con le scuderie ufficiali. In pista purtroppo non c’è storia e gli tocca subire. Libero sopporta in silenzio e attende il grande giorno che pare affacciarsi all’alba della stagione del 1962. La Gilera sembra infatti sul punto di rientrare e Libero riprende allora ad allenarsi duramente per farsi trovare pronto all’appuntamento. Libero è pilota scrupoloso e attento. Non ha mai preso sottogamba gli impegni. Deve prepararsi per essere in forma alla riprese delle attività agonistiche. Ma la sorte, purtroppo, ha in serbo altri piani per il “Cavaliere d’Acciaio”. Libero non ha sempre modo di andare in pista. Per fortuna c’è la strada che si presta all’occorrenza. Così, in un piovoso giorno di marzo di cinquantacinque anni fa, va ad allenare i riflessi lungo la statale 209 della Valnerina. Qualche pensiero di troppo, forse una manovra azzardata o anche solo una fatale distrazione. Accade tutto in un baleno, nel tempo di un battito di ciglia. Libero e la sua potente Saturno scivolano via sull’asfalto nella curva di Cervara. La moto impazzita lo porta fuori strada e lui va a sbattere violentemente contro le roccie. Cala così il sipario sul suo sogno, sul suo titolo mondiale, sulle 39 incredibili vittorie e sulle due “Coppe d’Oro Shell”. Il suo ricordo viene così affidato alla sua città, alla sua gente e al suo pubblico, ai compagni di squadra ed a tutto l’ambiente. Alla sua memoria il Comune di Terni intitolerà lo stadio. Rimarrà uno dei rari casi in cui un tempio del pallone sia stato dedicato ad un campione di un altro sport.