Once in a lifetime: John Franklin

Il 16 aprile 1786 nasce a Spilsby, nel Lincolnshire, John Franklin, ufficiale di marina ed esploratore. John non aveva avuto un’infanzia facile. Una lunga teoria di malattie avevano minato il suo piccolo fisico ritardando l’accesso a scuole e precettori. Così, sin dalla più tenera età, John aveva faticato non poco a rimanere in gruppo. Pareva infatti ai più che il piccolo Franklin impiegasse più tempo dei coetanei a rispondere alle domande, pareva ai primi insegnanti che esitasse nell’interagire con gli oggetti. Secondo i medici quel ritardo era il primo palese sintomo di una grave patologia. Per sua fortuna, quelle diagnosi risultarono del tutto infondate.

Traiettorie diverse

In realtà, Franklin aveva sin da subito cominciato a misurarsi con la sua condizione abituandosi a sperimentare traiettorie diverse. John aveva infatti scovato strade in apparenza più tortuose ma che portavano alla meta desiderata. Crescendo nel corso degli anni, quelle iniziali avversità si rivelarono così un’importante risorsa. Perché John si allenò per tempo, in maniera resiliente, a  conseguire gli obiettivi in modi alternativi e poco ortodossi. Con l’età divenne un ragazzo estremamente riflessivo e attento, concentrato e calmo. Nonostante un carattere timido e riservato ed un aspetto rubizzo e mansueto, al cospetto di titolati coetanei, John non si perdeva mai d’animo, non si dava per vinto e manteneva freddezza e lucidità in tutte le congiunture, anche e soprattutto quelle più critiche. Furono proprio queste sue qualità ad assicurargli un buon imbarco per mare al servizio di Sua Maestà. Fu una sorta di sfida nella sfida, perchè la rigida disciplina e il codice della marineria non si mostravano teneri o indulgenti con chi mostrava sensibilità e comprensione. John vinse quella sfida e diventò un ottimo comandante, equilibrato e sapiente, in grado, anche nei momenti di grande pericolo, di vagliare tutte le possibilità assumendo decisioni importanti e gravose. John si guadagnò la stima di marinai e ufficiali, politici e ministri. Soprattutto, di John Barrow, anonimo e ambizioso secondo segretario dell’Ammiragliato Britannico, schiavo di conquiste e avventure.

Un ottimo comandante e un bravo stratega

Franklin si rivelò essere non solo un bravo navigatore ma anche un ottimo stratega. Vivrà da protagonista tutta l’ultima esaltante stagione della marineria britannica scendendo più volte in battaglia al comando di diversi brigantini, sino ad affrontare la flotta francese, al fianco dell’ammiraglio Nelson, al largo di Capo Trafalgar. Ma, ancor più di quella bellica, fu la scienza dell’esplorazione a costituire la sua vera ragione di vita. Sin dai primi anni trascorsi in mare, Franklin si era lasciato affascinare dalle scoperte geografiche e dall’arte cartografica. Era stata quella passione a spingerlo a fondare la Royal Geographical Society dedicando ogni energia alla ricerca di un fatidico passaggio a Nord Ovest, un transito tra i ghiacci polari che avrebbe cambiato le rotte commerciali e il volto del mondo. Quella ricerca divenne una sorta di ossessione. John partecipò così a diverse spedizioni scientifiche nell’Artico. Superò con grande determinazione il fallimento dei primi tentativi senza perdersi d’animo. Per tutto contro, con l’appoggio di Barrow e dell’Ammiragliato, si mise a progettare e studiare nuove vie convincendosi che quella sfida dipendesse da metodi e approcci.

La spedizione inghiottita dal profondo Nord

Così, dopo una lunga preparazione, ottenne dall’Ammiragliato due grandi navi, la “Erebus” e la “Terror”, e prese il mare con un equipaggio di 134 uomini pronti a sfidare l’infinita distesa di ghiaccio del profondo Nord. John attrezzò le navi installando due motori a vapore di derivazione ferroviaria e rinforzando le prue con lunghe ed affilate placche di ferro. Franklin trova il modo di riscaldare le cabine interne e dota le navi di due capienti biblioteche stivando nelle cambuse alimenti in scatola sufficienti per almeno tre anni. Con l’aperto sostegno della Corona e l’entusiastico supporto degli organi di stampa, Franklin salpa così da Londra la mattina del 19 maggio 1845. Non vi farà mai più ritorno. Il 26 luglio una baleniera avvista per l’ultima volta le navi di Franklin ormai in prossimità della baia di Baffin. Poi, per mesi e mesi, più nulla. Quella che si aprì negli anni a seguire fu una vera e propria corsa, perché il mistero della scomparsa della spedizione accese gli animi più temerari e la fantasia della gente. Le affannose ricerche non diedero però alcun significativo risultato, almeno sino al 1854, quando una spedizione si imbattè nei resti umani di alcuni membri dell’equipaggio. Molto probabilmente, alla deriva tra i ghiacci polari che avevano bloccato e affondato le navi, gli uomini di Franklin erano andati incontro alla morte nel corso di una disperata marcia sul Pack. Del loro comandante però non si rinvenne mai traccia.

Un viaggiatore riflessivo e temerario

Per gli inglesi la spedizione “perduta” di Franklin fu un autentico trauma che durò diversi decenni convincendoli infine ad abbandonare le rotte per l’Artico per guardare strategicamente più a sud. Ma il fascino della sfida di Sir Franklin rimase inalterato nel corso dei successivi secoli, anche perchè quelle gesta, alimentate da un accorato e corposo epistolario, sembravano uscite dalle pagine liriche di qualche grande scrittore d’avventura. Non a caso, il suo nome divenne sinonimo di coraggio e intraprendenza raccontando di viaggi estremi e imprese disperate. Quella proverbiale e riflessiva “lentezza” lo consegnarono metaforicamente al futuro facendo della sua odissea un fantastico viaggio alla ricerca dell’ignoto.