Once in a lifetime: Henry Segrave

Il 13 giugno 1930 muore a Windermere, nel cuore del Distretto dei Laghi della Cumbria, Henry O’Neil de Hane Segrave, pilota motonautico e automobilistico. Gli anni immediatamente precedenti alla nascita di Henry furono anni formidabili. Prima di ogni altra cosa l’automobile era infatti sinonimo di sfida, modernità, progresso e innovazione. Chissà cosa sarebbe accaduto se lo sviluppo non fosse stato frenato dall’esigenza di massimizzare i profitti. Come ha recentemente notato Bill Gates, “se il settore dell’automobile si fosse sviluppato come l’industria informatica, oggi avremmo veicoli che costerebbero 25 dollari e che farebbero 500 chilometri con un litro.”

I primordi

Quando nel 1896 il piccolo Henry vede la luce in una bella casa di Baltimora, l’automobile, però, è ancora pura frontiera. Nel 1884 l’ingegnere veronese Enrico Bernardi realizza uno straordinario prototipo di veicolo a tre ruote con motore a benzina. Due anni più tardi Carl Benz, padre nobile della combustione, costruisce il primo motore endotermico mentre il connazionale Gottlieb Daimler mette a punto un propulsore a quattro tempi. La sfida è lanciata e nel 1892 Rudolf Diesel brevetta l’embrione del suo celebre motore mentre Bernardi si getta nel progetto della Miari & Giusti, la prima fabbrica italiana di automobili. L’auto entra a tutta  velocità nel nuovo secolo con un enorme bagaglio di aspettative. A quegli strani modelli su tre o quattro ruote non si chiede comfort quanto piuttosto la possibilità di cogliere le tensioni del futuro regalando a passeggeri, piloti e pubblico l’inaudita ebbrezza della velocità, l’illusione adrenalinica di poter governare il tempo e lo spazio.

La drammatica esperienza della guerra

Negli anni in cui il giovane Henry si affaccia alla vita adulta il fascino della velocità e della meccanica è del tutto irresistibile. Ad avvicinare Segrave a quel mondo è la guerra. Un colpo di fucile sparato dalla trincea nemica lo tramortisce. Henry cade quasi esangue in prossimità sul campo di battaglia. Sarebbe sicuramente morto dissanguato se, per uno di quegli strani casi che rendono la vita un’esperienza magicamente improbabile, non fosse stato raccolto e portato a spalle da un commilitone dietro le linee. Così, Henry guarisce ma non può più combattere. La fanteria lo congeda e lui si arruola nell’unico corpo che lo può ancora impiegare attivamente, la Royal Flying Corps, dove impara a portare delle straordinarie macchine volanti.

Rumore, attrito e gravità

L’immediato dopoguerra non lo trova impreparato. Il giovane Henry investe il proprio interesse per la velocità e quei grandi bestioni a quattro ruote che promettono di scaricare al suolo potenza e cavalli. Sono il rumore, l’attrito e le forze gravitazionali a decretare il fascino del primo automobilismo da corsa. Segrave adora tutti e tre questi elementi e diventa, in breve periodo, un pilota veloce che raccoglie trofei e soddisfazioni. A bordo della Sunbeam dal 1923 al 1926 si aggiudica diversi Grand Prix nonché la prestigiosa 200 miglia di Brooklands. Ma Henry ha un pallino. Più che la competizione tra vetture, è il limite ad ossessionarlo. Segrave non vuole correre per vincere. Segrave vuole correre per essere il più veloce.

Ladybird, la “mystery car”

La Sunbeam progetta per lui la Tiger equipaggiata da un motore V12 da 3976 cm³. Con quella vettura dipinta di rosso e ribattezzata “Ladybird” tenta di stabilire il record assoluto di velocità. Ci riesce raggiungendo i 245 km/h, ma, nel giro di qualche mese, Parry-Thomas e Campbell gli sottraggono il primato. Segrave ci riprova allora il 29 marzo del 1927 a Daytona, davanti ad oltre trentamila persone accorse a vedere di persona la “Mystery Car” di cui tutti parlano. La Sunbeam 1000 HP, che monta addirittura due propulsori aeronautici Matalebe e che sviluppa una complessiva cilindrata di 44888 cm³, lo spinge oltre la soglia dei 327 km/h. Il primato è ancora suo. Henry è il primo uomo al mondo a superare il record delle 200 miglia all’ora su terra. Ma quella corsa infinita a bordo di vetture di serie è del tutto effimera ed ogni limite è destinato ad essere superato. Per quel motivo Henry guarda all’ambizioso progetto di Jack Irving che gli affida la Golden Arrow, una poderosa e aerodinamica vettura affilata come una freccia che, grazie ad un motore aeronautico, arriva a sviluppare un’impressionante cilindrata di 23948 cm³. L’11 marzo del 1929 a Daytona Beach, ammaestrando quel pesante bestione di metallo da 930 cavalli, Segrave conquista il suo terzo primato di velocità su terra, infrangendo la barriera dei 372 km/h.

Dalla terra all’acqua

Ma Henry pensa già ad altre sfide. E’ un invito del collega pilota Gar Wood a stuzzicarlo. Dopo il primato in terra, Segrave vuole stabilire anche il record mondiale di velocità in acqua. Ma Wood è un osso duro. La sfida va in scena a Miami in occasione della Harmsworth Cup. A fronteggiarsi due motoscafi potentissimi. Quello di Segrave, il “Miss England”, è decisamente più fragile e meno veloce. Il codice cavalleresco impone che la sfida si svolga ad armi pari. Wood offre così a Henry la posizione più favorita. Nonostante un mezzo inferiore e un motore decisamente modesto, Henry tiene testa all’avversario e si aggiudica incredibilmente manche e gara.

L’ossessione per il primato assoluto

Ma la sua vera ossessione, ciò che continua lentamente a tormentarlo nell’ombra, che lo sveglia la notte e non gli fa più prendere sonno, è e rimane il primato. E’ tutta la sua vita, ovvero quel che ne rimane. Chiede così al suo mecenate, Lord Charles Wakefield, il patron della Castrol, di finanziare la costruzione di un nuovo e più potente motoscafo per tentare di strappare a Wood il record di velocità. Il “Miss England II” ha curve performanti e una linea di galleggiamento più alta per sollevare appena il muso dall’acqua. Il missile acquatico monta due motori aeronautici Rolls-Royce R che sviluppano una potenza superiore ai 3600 cavalli. Segrave, secondo regolamento, deve effettuare due tornate veloci sul percorso segnato sul lago. Solo in seguito si sarebbe provveduto a calcolare la media tra le velocità rilevate.

Un tragico record

Il secondo tentativo è quello buono e il “Miss England II” supera la barriera dei 158 chilometri orari. E’ ancora record assoluto. Ma i cronometristi si attardano nei calcoli e nessuno comunica tempestivamente a Segrave, ancora in acqua, il primato. Henry è incerto. Ha paura che anche quel tentativo non sia andato a buon fine. E’ nervoso per l’esito di quella giornata perché sente il futuro sfuggirgli dalle mani e decide allora di compiere un’ulteriore tornata. L’imbarcazione viene quindi rifornita e preparata rapidamente per la terza e ultima corsa. Henry porta al massimo i giri del motore e sceglie una traiettoria diversa dalle precedenti, ma questa volta stringe troppo avvicinandosi pericolosamente alla riva. Un tronco sommerso gli sbarra la strada e lo scafo del “Miss England II” prende il cielo per decine di metri roteando su se stesso per ricadere malamente in acqua. Segrave viene ripescato in gravissime condizioni e portato nel vicino ospedale. I medici non gli concedono che qualche ora di vita. In un ultimo incredibile sforzo, Henry riprende conoscenza. Giusto qualche istante, giusto il tempo di chiedere alla moglie se era riuscito o meno a stabilire il record. Pochi minuti più tardi l’esito di una massiva emorragia interna lo strappa per sempre all’affetto dei suoi cari.