Once in a lifetime: Allan Clarke

Il 31 luglio 1946 nasce a Willenhall, nello Staffordshire, Allan John Clarke, di professione calciatore. La storia del football inglese è fatta, anche e soprattutto, delle gesta di memorabili attaccanti: talenti ostinati e tristi, vigorosi e tragici, votati al sacrificio ma capaci anche di poesia e imprese memorabili.

Incontri fatali

Per buona parte della mia generazione Il calcio inglese rappresentò un incontro fatale. In quei tardi Settanta l’esotica distanza e il profumo del panno verde del Subbuteo aprirono infatti le porte di mondi immaginifici. L’incessante lettura di annuals e riviste come Shoot! e Match chiuse poi definitivamente il cerchio, consegnandoci ai sogni e alle sonorità di quel calcio lontano, almeno fin tanto che il punk non giunse a portarsi via tutto rendendoci di colpo grandi, decisamente inquieti e maledettamente irresponsabili. Alcuni di quegli ammirati giocatori acquisirono un potere magico, perché il loro nome evocava stadi stracolmi e vertiginose gradinate. Quei calciatori, del tutto ignorati dai giornali italiani, venivano invece a trovarci in ogni partitella sotto casa: ad ogni lancio ed ogni ribattuta, ad ogni tiro e mischia, dalla polvere o dal fango delle pozzanghere del campetto del quartiere spuntavano infatti i nomi di Bob Latchford, Frank Worthington, David Johnson, Peter Lorimer, Stan Bowles, Martin Chivers e Kevin Hector. Non venivano solo a tenerci compagnia ma anche a dispensare acrobazie e gol spettacolari. Non sbagliavano mai e se si mangiavano qualche gol era sempre e solo merito del portiere. Di Shilton, Corrigan o Clemence ovviamente, mica del nostro compagno di banco Stefano. Di quelle cronache, come pure delle interminabili sfide a Subbuteo, si nutrì buona parte della mia infanzia. Poi, di colpo finimmo tutti per smarrirci nella nebbia del tempo.

Un implacabile e infallibile cecchino

Per chissà quale strano scherzo del destino, alcuni di quei calciatori riuscirono a squarciare lo stretto embargo televisivo del bianco e nero di Stato monopolizzando i rari passaggi dedicati al calcio d’oltre Manica. Tra questi, Allan Clarke finì per diventare rapidamente il più gettonato. Perchè Allan era un goleador, perché non levava mai la gamba e quando riceveva un rude tackle trovava sempre il modo di restituire la cortesia all’avversario. Allan si impose, infatti, nel breve volgere di una stagione, come il più spietato rapinatore d’area, come un infallibile cecchino che bucava le reti avversarie con singolare regolarità. Nei 273 match ufficiali disputati con la bianca maglia del Leeds Utd, “Sniffer”, soprannome che richiamava apertamente quel letale fiuto, mise per ben 110 volte la palla alle spalle del portiere avversario diventando un’icona calcistica non solo per il popolo di Elland Road.

Dai Saddlers ai Foxes

Quelle fatali abilità Allan le aveva coltivate sin da ragazzino. A credere per primo nelle sue doti era stato il Wallsall. I Saddlers lo fecero debuttare nel calcio che contava a soli sedici anni. Quella sua sagoma così allungata, rapida e veloce, diventò subito una figura familiare per il pubblico di Fellows Park così come i suoi gol che regalarono la favola della Second Division. Poi l’incantesimo si ruppe e Allan venne acquistato dal Fulham all’ultimo minuto dell’ultimo giorno di mercato. Fu un affarone per lo storico club londinese perché, in due stagioni e ottantasei partite, Clarke andò a segno 46 volte diventando un top player della categoria. Nella stagione 1968-69 passò quindi al Leicester finendo finalmente in First Division a giocare contro tutte le squadre più importanti. Con i Foxes Allan partì alla grande e tentò addirittura la scalata alla Coppa d’Inghilterra, ma il sogno naufragò in finale contro il Manchester City. I Foxes pagarono a duro prezzo le tante energie spese per arrivare sino a lì e, a fine stagione, finirono addirittura per retrocedere.

“Sniffer”, la leggenda di Wembley

Ma la storia attendeva silenziosa, appostata tra cumuli di dati e statistiche. Don Revie lo sceglie personalmente tra una nutrita rosa di candidati e il 24 giugno 1969 Allan sbarca nelle Midlands a sottoscrivere un biennale con i Whites. All’atteso debutto casalingo di sabato 9 agosto 1969 con gli Spurs c’è il pubblico delle grandi occasioni. La prima in casa, si sa, è sempre una brutta storia. Ci sono calciatori che si sono giocati la carriera per via di tutta quella tensione, che hanno faticato a ripredendersi dal primo e inatteso flop. Ma Allan non tradisce le attese e va subito in rete. Finisce 3 a 1 per il Leeds e la sua leggenda prende una bella rincorsa. Clarke rimarrà ad Elland Road a guidare l’attacco del Leeds per nove straordinarie stagioni collezionando trofei e vittorie. Fu proprio un suo gol, infatti, a regalare ai “bianchi” il trofeo più atteso e ambito. Il 6 maggio 1972 il Leeds Utd di Revie, Bremner e Lorimer affronta l’Arsenal nella partita del secolo e lo batte uno a zero. Clarke sigla la rete decisiva nel suo inimitabile stile. Al cinquantatreesimo minuto Mick Jones semina l’avversario diretto e se ne va sulla fascia destra calibrando un invitante pallone al centro dell’area. Allan è bravissimo a rubare il tempo a McNab e mezza difesa. Lo anticipa di netto e colpisce di testa la sfera, in sospensione e grande  stile, infilandola nell’angolino alle spalle di Barnett. Wembley trema e il Leeds inizia a festeggiare. Le sue imprese strapperanno ancora applausi e lacrime sino alla fine degli anni Settanta. Allan proverà anche ad intraprendere una carriera manageriale sedendosi su diverse panchine ed anche su quella del suo mentore Revie. Purtroppo, senza troppa fortuna.