Once in a lifetime: Duncan Edwards

Il 1 ottobre 1936 nasce a Woodside, popoloso quartiere di Dudley, nel Worcestershire, Duncan Edwards, di professione calciatore. I grandi allenatori del passato consegnavano spesso buona parte della propria fortuna nelle mani e nei piedi, di un ristretto nucleo di giocatori. Raramente erano quelli degli attaccanti più acclamati o dei fuoriclasse appena acquistati. Capitava spesso, invece, che a legare il proprio destino a quello di grandi maestri fossero giocatori di spessore, affidabili e concreti, duttili, diligenti e funzionali. Edwards, in questo, costituì un’eccezione. Perché, nonostante riunisse in sé le caratteristiche più nobili e invidiate di un calciatore, quelle che in genere appartengono ad una stella di prima grandezza, rappresentò l’uomo in più per Matt Busby, l’illuminato allenatore del Manchester United dei primi anni Cinquanta. Perché Duncan non giocava semplicemente a calcio. Lo interpretava, piuttosto. Era versatile sotto il profilo tattico ma anche creativo: aveva personalità, talento, autorevolezza e sorprendente forza. Come scrisse molti anni più tardi Stanley Matthews, Duncan “era saldo come una roccia in mezzo a un mare in tempesta”. Erano queste attitudini a farne il giovane più maturo di una straordinaria nidiata di talenti.

Il più giovane calciatore di sempre

A segnalarlo allo United era stato Jack O’Brien. Quel giovane con la passione per il ballo trattava il pallone in una maniera assai più ispirata rispetto agli altri coetanei. Jack convinse così Busby a prenderlo con sè bruciando sul tempo le squadre avversarie. Il contratto con le giovanili del Manchester United lo firmò che era ancora adolescente e, un anno più tardi, fece il suo esordio in prima squadra. Era il 4 aprile 1953. All’Old Trafford era in cartellone un match di campionato tra i Red Devils e il Cardiff City. Vinsero i gallesi per 4 a 1 ma quella data passò ugualmente alla storia, perchè, a soli sedici anni e 185 giorni, Duncan stracciò ogni record diventando il più giovane calciatore di sempre a scendere in campo in un torneo ufficiale. Qualche mese più tardi, la Primavera dello United conquistò la Coppa d’Inghilterra travolgendo in finale i Wolves. Quella squadra era piena di talenti e promesse. Busby, in crisi di uomini e risultati, ne prelevò l’ossatura trapiantandola in prima squadra. Un azzardo, l’ennesimo tiro di dadi, una visione. Fu così che nacque il Manchester United dei miracoli, fu così che nacquero i “Busby Babes”. Da lì in avanti Duncan sarebbe diventato una pedina inamovibile di quella squadra. Si aprirono molte porte, tra cui anche quella tanto attesa della nazionale maggiore. Duncan stupiva sempre per forma, prestanza e capacità di gioco. Era ancora un ragazzino, ma a Old Trafford cominciarono ad affacciarsi tutte le più importanti squadre del continente. Arrivarono persino gli emissari dei maggiori club italiani. Nessuno di questi aveva il minimo dubbio: Edwards avrebbe avuto un radioso futuro nel football.

“Boom boom”

Duncan era un calciatore completo e moderno; giocava a testa alta, intuendo le trame e gli sviluppi del gioco avversario, trattava la palla con grazia e riguardo ma, al contempo, era capace anche di marcature asfissianti e di ruvidi contrasti. Tra tanti attributi, ve n’era uno che contribuiva spesso a risolvere le situazioni più intricate. Perché Edwards era dotato di un tiro estremamente preciso e potente. Fu un suo poderoso gol dalla distanza con la maglia della nazionale, durante un match con la Germania a Berlino, a guadagnargli il soprannome di “Boom Boom” in omaggio ad una esplosiva capacità balistica. Con i Red Devils firma l’esaltante conquista di due campionati e di altrettante Charity Shield. L’obiettivo dichiarato per la stagione 1957-58 è la conquista della Coppa dei Campioni. Duncan e i suoi giovani compagni purtroppo non riusciranno ad andare oltre i quarti di finale della massima competizione continentale. Non furono però gli avversari a sconfiggerli, ma bensì una tempesta di neve e un tragico destino.

Un destino atroce e beffardo

Il 6 febbraio 1958, rientrando da Belgrado dove lo United, pareggiando con la Stella Rossa, aveva appena staccato il biglietto per la semifinale, l’aereo con l’intera squadra a bordo, dopo uno scalo tecnico a Monaco, tenta per ben due volte di riprendere il volo sotto un’intensa bufera di neve. I piloti peccano di confidenza. Al terzo tentativo l’aereo sbanda, si intraversa e finisce fuori pista incendiandosi. Muoiono sette calciatori, molti membri dello staff e otto giornalisti. Edwards viene trasportato d’urgenza al Krankenhaus Rechts der Isar con diverse fratture alle gambe e alle costole e con i reni seriamente danneggiati. Morirà due settimane più avanti, il 21 febbraio. La sua lapide è ancora oggi meta di un silenzioso quanto appassionato pellegrinaggio, come per i protagonisti del Grande Torino che si perse tra le nebbia di Superga, segno evidente che Duncan, nonostante i tanti decenni trascorsi, è ancora saldamente nel cuore di tutti i tifosi. «A day of memory, Sad to recall, Without farewell, He left us all»