Once in a lifetime: Bernd Rosemeyer

Il 14 ottobre 1909 nasce a Lingen, Bassa Sassonia, Bernd Rosemeyer, di professione pilota automobilistico. Bernd ha abitato un’epoca pionieristica dove a contare più dei podi e dei trofei erano la velocità, l’accelerazione e il record. E spesso il palcoscenico ideale di questa impari sfida alle leggi della fisica e al fatale attrito erano le strade, quelle di tutti i giorni. Erano corse ruvide, pericolose, impossibili, dove il più piccolo errore poteva costare caro.

Le “frecce d’argento”

La passione per la velocità Bernd se la portava dentro da anni, sin da quando aveva visto sfrecciare la prima motocicletta. Il rumore, il brivido violento di quel lungo interminabile istante lo avevano letteralmente stregato. Dopo una gavetta fatta di officine, pistoni, bulloni e chiavi inglesi, Bernd salta in sella ad una moto. Vuole correre e fa sul serio. Ha solo 21 anni quando prende il via alle prime gare sull’erba. Sono corse divertenti ma anche pericolose, dove taglia il traguardo solo chi possiede uno straordinario senso dell’equilibro e uno speciale istinto di guida. Dall’erba allo sterrato il passo è breve. I primi anni Trenta lo vedono salire in sella a motociclette sempre più potenti, dalle BMW alle DKW. Bernd ci sa fare e si aggiudica diverse gare diventando un asso. Ma i trofei non gli bastano. Bernd vuole andare più forte. Vuole spingere un motore più potente, vuole guidare un bolide, una di quelle “Frecce d’Argento” che fanno sognare tutti i ragazzi tedeschi. I dirigenti della DKW comprendono che è ormai arrivato il suo momento e lo spingono a provare la dimensione delle quattro ruote. C’è una buona occasione all’orizzonte. Il 24 ottobre 1934 al Nurburgring la Auto Union organizza infatti un test per selezionare nuovi talenti. A scendere in pista con lui c’è un sacco di gente veloce: ci sono piloti già esperti, ragazzotti alle prime armi e rampolli di buona famiglia con la fregola della velocità. Bernd si accomoda nell’abitacolo, si aggiusta gli occhialoni e comincia a divertirsi tenendosi dietro tutti. Bloccherà più volte i cronometri a ridosso del record della pista. Al rientro al box gli lasciano appena il tempo di uscire dall’abitacolo e di levarsi il caschetto in pelle. Lo accolgono due enormi sorrisi, con carta e penna al seguito. In mano stringono un contratto. E’ il suo primo ingaggio ufficiale, il suo ingresso formale nel mondo delle corse d’auto. Bernd lo firma distrattamente su una latta d’olio davanti al box tra la curiosità e l’invidia dei colleghi. Rosemeyer è appena diventato un pilota “d’argento”.

“Der Nebelmeister”

Bernd entra nella prestigiosa squadra ufficiale dell’Auto Union. Va a fare compagnia ad assoluti fuoriclasse come Paul Pietsch, Hans Stuck e Achille Varzi, l’arrembante italiano che straccia onori e cuori. Alla sua seconda gara sale già sul podio subito dietro a Rudolf Caracciola, a cui strappa la miglior prestazione sul giro. Solo una manciata di prestazioni e, sul finire di stagione, arriva anche la prima vittoria al Gran Premio di Cecoslovacchia. Sul traguardo di Brno, Bernd non trova solo la sua prima corona d’alloro. Nelle pause del Gran Prix conosce, infatti, Elly Beinhorn, provetta pilota d’aerei, che diverrà la sua compagna. Lo stile di Rosemeyer è perfetto per le caratteristiche dell’Auto Union, la prima scuderia a spostare il motore, un compressore volumetrico V16 da 375 CV, alle spalle del pilota, rivoluzionando stile di guida, assetti e prestazioni. La Type B progettata da Ferdinand Porsche è un’auto volubile che va domata. Il modello dell’anno successivo arriva a sviluppare oltre 510 CV. E’ un bolide pesante, potentissimo ed assai poco stabile. La guida richiede particolare talento: servono forza, colpo d’occhio e capacità di reazione, tutte qualità che certo non gli difettano. Rosemeyer ha una sensibilità unica. Tratta quell’auto come se fosse una moto. Traccia traiettorie mozzafiato, azzarda sorpassi e sfila gli avversari nei punti più difficili. Laddove non arriva la perizia provvede un occhio straordinario. E quando non riesce più a tenerla più in strada, trova sempre buone vie di fuga sfiorando di pochi centimetri pali e guard-rail. Saranno tre straordinari anni di sfide con Caracciola e Nuvolari, al volante di auto sempre più difficili da tenere in strada. Sarà il tempo di imprese e vittorie incredibili, come quella del Nurburgring del 1936, conquistata tra la pioggia e la nebbia dell’Eifel. Quella gara proietta il suo nome direttamente nella leggenda. Bernd battaglia con i migliori sotto un fitto acquazzone autunnale. Quando cala anche la nebbia sulla Nordschleife tutti gli avversari rallentano. Persino Nuvolari alza il piede dall’acceleratore. Bernd, invece, è l’unico a mantenere un ritmo costante e infernale per i rimanenti giri, impartendo distacchi abissali a tutti gli altri. Da quel preciso momento diverrà per tutti “Der Nebelmeister”, il “maestro della nebbia”.

L’uomo dei record

Nonostante il calendario delle gare si infittisca, Bernd trova anche il tempo per lasciarsi fatalmente attrarre dalla frontiera della velocità pura, entrando nel ristretto novero dei recordman. E’ un fascino irresistibile, perché Bernd vuole diventare l’uomo più veloce al mondo. I tentativi di superare il limite sono spesso un vero tiro di dadi, perché a quelle velocità qualsiasi incerto può rivelarsi fatale. E’ a bordo di una Type C chiusa che Bernd stabilisce, sul tratto autostradale Francoforte-Darmstadt, cinque primati internazionali e un nuovo record mondiale. Rosemeyer è il primo uomo a toccare i 406,32 km/h. Ma l’indomani, l’acerrimo rivale di sempre, Rudolf Caracciola, gli strappa nuovamente il primato toccando l’impressionante velocità di 432,69 km/h. E’ una sfida nella sfida. Rosemeyer non ci sta. Nonostante i pareri contrari dei tecnici, si mette nuovamente in strada per dare la caccia al record. In quella fredda e ventosa mattina di fine gennaio del 1938, Bernd e la sua “Freccia d’Argento” vanno così incontro al destino sulla Bundesautobahn 5, sbandando a 430 km/h e alzandosi letteralmente in volo, tra terra e cielo, per terminare la corsa in mezzo agli alberi. Sono passati molti anni da quel giorno. La Germania ha conosciuto cadute rovinose, tragedie e rinascite, ma quel luogo sulla A5 è fatalmente rimasto esattamente come allora. Nel punto del tragico impatto un monumento consegna ancora oggi alla storia la parabola di uno dei più talentuosi piloti del secolo veloce.