Once in a lifetime: Manuel Vázquez Montalbán

Il 18 ottobre 2003 muore a Bangkok Manuel Vázquez Montalbán di professione scrittore, poeta, giornalista nonché appassionato cultore dell’arte culinaria. Rispetto ad altri grandi autori del suo tempo, Manuel è invidiabilmente riuscito a tenere assieme tutti le sue passioni. Le ha plasmate, modellate e sovrapposte sino a racchiuderle tra le righe dei suoi pamphlet. La sua penna ha così declinato l’affabilità di un mondo antico e sapiente, incline al pensiero più che all’azione, alla riflessione più che all’obbedienza, in un universo innamorato della vita e schiavo di incerti e debolezze, in bilico, come vuole la grande tradizione di Cervantes e Alemán, tra sogno e follia, istinto e svolta fantastica.

Pepe Carvalho

Fu l’incipit del suo primo libro a conquistarmi. Non impiegai molto, giusto poche righe, per comprendere infatti che Manuel sarebbe diventato un buon amico. Tutta colpa di quel modo rocambolesco con cui la sua penna raccontava le picaresche peripezie di Pepe Carvalho, obliquo detective in fuga dalla vita e dalle regole con la passione per le belle donne, la cucina e, ovviamente, i misteri che, suo malgrado, si faceca carico di risolvere. Pepe, come Vazquez, abitava un tempo sospeso, indefinibile al calendario e alle stagioni. Indagava la natura umana con consapevole riluttanza perdendosi spesso nei quotidiani incerti di una vita labirintica e complessa. Non si spendeva mai troppo, ma ricorreva piuttosto ad arguzia, garbo antico e meditazione letteraria. Così, storia dopo storia, Carvalho è diventato di casa. Pepe mi ha condotto negli angoli più nascosti di Barcellona, quelli ancora sconosciuti al turismo di massa. Mi ha guidato tra il fumo dei sigari e l’ombra dei rigattieri, mi ha raccontato il fascino discreto di un mondo bizantino e asimmetrico, frequentato da espedienti e povertà, da pensionati e malavitosi oltre che da un pezzo di società catalana ostinatamente orfana del proprio futuro. Il mondo di Carvalho è rimasto prigioniero di un perimetro antico popolato da pensioni ad ore, mercati di strada e fumose tavernes dove il tempo viene preso in ostaggio da interminabili partite a dama e dal miglior pesce del mediterraneo. Quel mondo arcano, sospeso tra terra e mare, è il palcoscenico dove ha celebrato improbabili acrobazie tra profumi, aromi e una lunga teoria di singolari personaggi: politici decaduti, centravanti innamorati, manager pentiti, vedove inconsolabili, musicisti annoiati, giornalisti depressi.

Un’umanità controcorrente

Quella raccontata da Montalban è un’umanità controcorrente alla ricerca di qualche porto franco dove scampare al proprio destino o anche solo a qualche senso di colpa. Le sue incredibili storie finiscono tutte per cedere alla tentazione della tavola. E’ lì che consumano la loro dimensione più intima. Così il filosofico incedere di Carvalho, che si fa strada tra delitti, stravaganze e affanni, si arrende di fronte agli improponibili ingredienti delle ricette creative del fido Biscuter, alla perenne ricerca di un codice millenario in grado di perpetuare la grande tradizione della cucina di strada, quella povera e meticcia, figlia di culture diverse, in magnifico equilibrio tra dolce e salato, tra anima e cuore. I suoi romanzi finiscono amabilmente per sciogliere gli arcani enigmi delle loro complicate trame in uno stillicidio di ricette di confine, in un sottile compenetrarsi di ingredienti e sapori pronti a sacrificare la propria identità in ragione di un progetto più grande, più elaborato e ambizioso. La sua è una cucina immorale che trasuda ironia, curiosità e cinismo. I suoi piatti sono come le sue storie, clandestine e cosmopolite: reclamano passione e condivisione, talento e intelligenza. La cucina notturna e solitaria di Pepe Carvalho vive di estremi, come racconta, ad esempio, il suo salmone in crosta di cioccolata alla salsa verde o il più sobrio polpo alla cretese. Perchè per Vázquez il cibo è metafora dell’esistenza. Non è solo merito di un rinomato approccio filosofico ma anche della rituale e fisica preparazione delle pietanze, delle mille complesse sfumature regalate da spezie e dalle infinite marinature. Lunghe e ipocrite operazioni di conservazione, come avrebbe commentato il detective Carvalho, che, non a caso, era solito consumare le raffinate pietanze di Biscuter clandestinamente al bagliore iconoclasta di caminetti tenuti accesi dalle pagine strappate dai suoi libri preferiti.

Inebrianti vapori e umori pungenti

Nel corso del tempo, i suoi personaggi di carta sono fatalmente invecchiati con noi, libro dopo libro, pagina dopo pagina, riga dopo riga, all’insensato ritmo del quotidiano. Come noi, Pepe Carvalho ha fatalmente cominciato a rallentare, a zoppicare, a tossire, a diventare preda di pensieri e ossessioni, vezzi e obiezioni, sino a spegnersi nell’inchiostro delle parole, componendo un poetico e straordinario omaggio letterario alla caducità della vita umana, ai suoi tormentosi difetti e alle sue impagabili dolcezze. La morte fisica di Manuel ha purtroppo comportato anche quella di Pepe e del suo mondo. E dopo tutti questi anni a mancare non sono solo le sue bislacche avventure ma anche l’umore pungente del sigaro con cui chiudeva in bellezza ogni nuova e inusitata avventura culinaria.