Once in a lifetime: Jarno Saarinen

L’11 dicembre 1945 nasce a Turku, in Finlandia, Jarno Karl Keimo Saarinen, di professione motociclista. Correre  aggrappati alla carena di una motocicletta tra gli anni Sessanta ed i Settanta era un mestiere assai pericoloso, ben più di oggi. Oltre che con la forza di gravità, i piloti dovevano infatti vedersela con mezzi instabili e pesanti oltre che con condizioni di sicurezza del tutto approssimative. Il loro talento doveva quindi misurarsi con la gravità e la capacità di prendere sempre le scie giuste senza finire sull’asfalto o sull’erba. Jarno era naturalmente dotato di ambedue questi talenti.

Una passione inseguita con determinazione

Fu la passione per le due ruote a sottrarlo all’attività di famiglia. Quella dei Saarinen non era un’impresa come le altre. Mandare avanti un’azienda di pompe funebri, infatti, significava lavorare sempre, anche e soprattutto, nei fine settimana di gara e questa cosa a Jarno non andava giù. La cosa poi si complicò ulteriormente alla scomparsa del padre dal momento che toccò proprio a lui, primogenito di tre fratelli, assumere la gestione dell’attività. Il suo cuore, infatti, stava da un’altra parte. Così, non appena ne aveva le possibilità, tra un funerale e l’altro, Jarno caricava la sua Puch-Tunturi sul carro funebre di famiglia e andava a correre sul ghiaccio mietendo successi a raffica. I sorrisi ironici che salutavano regolarmente l’arrivo al campo di gara trovavano sempre adeguata compensazione negli applausi di ammirazione che strappava sulla linea del traguardo. Nel giro di pochissimi anni Jarno passa dal ghiaccio dei grandi laghi finlandesi ai grandi circuiti del motomondiale, brucia ogni tappa e diventa rapidamente un’autentica promessa delle due ruote.

Un grande innovatore

In sella alla moto, Saarinen non si rivelò solo un velocissimo e promettente campione ma anche un abile innovatore. Jarno, infatti, impose, affinò, perfezionò e rese popolare uno stile di guida moderno, quello portato per la prima volta in pista da un altro grande dell’epoca, il neozelandese Jim Redman. Si deve, infatti, a lui e a Kenny Roberts il modo con cui gli odierni centauri tracciano e percorrono le curve più strette inclinando la moto lungo la piega dell’asfalto e abbassando il ginocchio sin quasi a sfiorare l’asfalto per bilanciarsi e guadagnare velocità in una sorta di incredibile “effetto molla”. In questo Jarno era un’autentico esteta, abile nel tenere la traiettoria alla massima velocità possibile, formidabile nello sfruttare la compressione. A vederlo sfrecciare c’era da rimanere sbalorditi: spalle abbassate sin sotto il manubrio, petto appoggiato al serbatoio, caschetto aperto allacciato stretto e occhiali infilati a ripararsi dal vento. Saarinen sapeva portare bene qualsiasi mezzo di qualsivoglia cilindrata. Sapeva come prenderlo, come domarlo, come spingerlo al limite sino al punto di rottura. La sua laurea in ingegneria meccanica lo guidava tra i meandri dei segreti tecnici più nascosti. Amava le curve infinite e i tracciati da brividi, come Monza, Le Castellet e Spa. Non aveva paura dell’asfalto, cercava sempre il punto più basso e l’angolo più fruttuoso rischiando talvolta anche più del dovuto. In gara temeva solo gli avversari e le loro eventuali incertezze. “Era un grande campione”, racconta il suo meccanico Ferry Browuer, “al quale tutto veniva naturale, era capace di strappare tempi incredibili con grande facilità. E aveva carisma. Quando Jarno, che di solito era taciturno, parlava, tutti erano pronti ad ascoltarlo per cercare di strappargli il segreto delle sue grandi prestazioni.”

I mitici duelli con Agostini, Read e Pasolini

Il suo nome divenne popolare per i duelli che ingaggiava in pista con tutti i più grandi protagonisti di quella stagione, da Giacomo Agostini a Phil Read, da Dieter Braun a Renzo Pasolini. Fu proprio in un testa a testa con quest’ultimo, durante il primo giro del Gran Premio delle Nazioni di Monza, nel pomeriggio di una domenica destinata ad entrare nella storia, che trovò una tragica morte. L’Harley-Davidson di Pasolini, impostando il Curvone, perse purtroppo aderenza per l’improvviso grippaggio del motore finendo rovinosamente contro il guard-rail e rimbalzando in pista proprio mentre alle spalle sopraggiungeva la Yamaha del pilota finlandese. La moto di Pasolini si trasformò in un proiettile impazzito. Nei dieci lunghissimi secondi che seguirono la pista divenne un tragico orizzonte. Furono in dodici a cadere in un vortice di frammenti e gomme. Due di loro, Pasolini e Saarinen, purtroppo non si rialzarono più. Saarinen lasciò così, del tutto prematuramente, la vita e la sua grande passione nel primo caldo sole pomeridiano del 20 maggio 1973, in una drammatica e incredibile domenica che avrebbe regalato dolore e felicità, “fatali vittorie” e brucianti sconfitte.