Once in a lifetime: Billy Bragg

Il 20 dicembre 1957 nasce a Barking, popoloso centro ai margini della Greater London, quattordici chilometri ad est di Charing Cross, Stephen William Bragg, musicista di professione. Billy ha sin qui descritto una fantastica e longeva parabola mantenendo negli anni una costante lucidità creativa e una brillante vena compositiva che gli hanno guadagnato un capitolo a parte nelle rotte musicali di questi ultimi trent’anni.

A soulboy

Il giovane Billy crebbe in compagnia della lontana eco della musica della “nuova frontiera”. Quei suoni che arrivavano dall’altra parte dell’Atlantico raccontavano un ventaglio di esistenze spezzate all’ombra di amori e rabbia nel solco di eguaglianze rivendicate e libertà contese, di diritti civili calpestati e cambiamenti sociali. Billy rimase sinceramente affascinato da quell’incisiva miscela di ritmo e melodia, dall’immediatezza di quei pattern e da quell’universo sonoro popolato da artisti che nelle pieghe di quel luccicante pop da classifica cercavano dignità, riscatto ed emancipazione. Con quell’incredibile stagione e le straordinarie fucine della Motown e della Stax, Billy divenne adulto quanto bastava per provare a fare da solo, per prendere in mano una chitarra e mescolare quei registri, gli stessi di Curtis Mayfield, Smokey Robinson e i Four Tops, per coniugare unl’anima melodica con l’urgenza modernista di Kinks e Faces, con il rigore del folk e il rumore elettrico del punk.

Un’epoca di esplosioni e promesse

La sua inquieta adolescenza si muove tra grandi esplosioni e promesse. L’impegno politico e sociale si salda con la furia del punk, che grida a un’intera generazione di scapestrati giovini di provare a fare da soli, di reagire a quel mondo di regole e convenzioni, interessi e convenienze. E’ qualcosa più di un invito. Quello sembra piuttosto una sorta di irresistibile richiamo. Se ne va così in giro per l’Inghilterra di città in città, girando i pub “armato” di uno straripante eloquio, di una chitarra elettrica e di un piccolo amplificatore, masticando canzoni d’amore e di protesta e provando a raccontare le mille contraddizioni di un paese in bilico tra un passato glorioso e una prospettiva grigia almeno quanto le montagne di carbone bloccate da mesi nelle miniere da uno dei più lunghi scioperi della storia. In quegli anni non è possibile rimanere a guardare e Billy si schiera apertamente e senza indugio dalla parte dei deboli e degli sfruttati. Lo fa cantando piccole ed ordinarie storie di infedeltà e sentimenti, di passioni e derive, di ribellioni e scontri. C’è spazio per ragionare dei massimi sistemi, di idee e pensieri, di politica economica e delle lotte sindacali dei lavoratori, ma anche per innamorarsi della nuova fiamma del pub all’angolo e per mettere assieme ironia e impegno, coraggio e tensione, tenerezza e affetto. Il suo è un diario personale, ispirato, vero e autentico. Billy descrive le contraddizioni e gli affanni di una popolazione giovanile che non si rassegna e che vuole di più, che fatica a chinare la testa e che vuole innamorarsi e divertirsi sognando una società più libera e giusta.

Uno spirito indomito e appassionato

Billy è uno spirito indomito e appassionato. Nella sua vita non si è mai tirato indietro. Certamente non lo ha fatto quando era necessario chinarsi per raccogliere da terra gli spiccioli necessari per tirare avanti, quando bisognava arringare la folla all’angolo di qualche strada o quando serviva travestirsi da elettricista per infilare la porta di qualche etichetta discografica e depositare il demo in bella evidenza sulla scrivania dei più quotati talent-scout. Peter Jenner della Charisma rimase sinceramente colpito da tutta questa caparbia iniziativa e da quell’incontenibile furore creativo. Ne nacque un sodalizio di ferro, destinato a sopravvivere ad alti e bassi. Pete lo accompagnò per buona parte della sua carriera. Sarà merito suo se Billy avrà l’opportunità di incidere il primo fulminante e memorabile lavoro, sarà grazie a lui se, dal martedì alla domenica, batterà per mesi e mesi ogni pub della Gran Bretagna per cantare e sognare a bordo di una vecchia Volvo in compagnia di birra, sigarette e qualche poesia di Vladimir Majakovskij.

Un’etica sociale degli affetti

Dall’alto di un’originale etica sociale degli affetti, Bragg si è rivelato un maestro assoluto e un precursore, sia per l’elegante ironia di fondo della sua scrittura che per un impianto sonoro brillante, semplice, ruvido ed estremamente efficente. Il suo songbook ha così segnato un’irripetibile epoca, al pari delle sue celebri iniziative pubbliche e delle campagne di mobilitazione politica, del tour con “Red Wedge”, delle grintose dichiarazioni polemiche, di qualche inciampo retorico e delle proverbiali ed incontenibili conferenze stampa “fiume”, di cui sono peraltro stato talvolta diretto testimone. Le pennate della sua chitarra distorta e la voce dal vibrante accento cockney sono diventate in breve un riconoscibile marchio sonoro che esaltava quello sguardo personale e appassionato sul mondo e sulle tensioni politiche ed ideali. Proprio come racconta “A New England”, autentico manifesto antropologico di quell’età. “Non voglio cambiare il mondo / non sto cercando una nuova Inghilterra / sto solo cercando un’altra ragazza”. E oggi, smorzatasi l’irruenza giovanile, dopo aver pubblicato dodici intensi album e aver firmato decine di piccoli ed emozionanti capolavori lirici, intense ballads e vigorose cavalcate elettriche, Billy ha infine guadagnato un passo più riflessivo ed evocativo, senza però mai perdere la contagiosa lucidità di quel suo disperato e sentimentale ottimismo. “Quando un artista folk sale sul palco con la sua chitarra, può pensare di essere James Taylor o Bob Dylan. Quando ci salgo io, penso ancora di essere i Clash”