Once in a lifetime: Stan Bowles

Il 24 dicembre 1948 nasce a Collyhurst, sobborgo operaio di Manchester, Stanley Bowles, di professione calciatore. Tra i tanti “poeti maledetti” che popolano le leggende del football, Stan Bowles occupa una posizione di assoluto rispetto, non solo per la grande confidenza che ha sempre dato al pallone, non tanto per l’esuberante e irresistibile empatia, quanto piuttosto per la vena di autentica follia che ne ha spesso governato le inusitate gesta.

Stan “The Man

Stan “The Man” ha rappresentato la quintessenza del “maverick”, del calciatore geniale passato, per svariati motivi, al lato oscuro. Perché, ad un ampio catalogo di straordinarie prodezze calcistiche, il nostro ha affiancato negli anni una lunga teoria di comportamenti e manifestazioni diversamente creative che hanno anche finito per assumere talvolta rilevanza penale. Le sue gesta agonistiche sono così finite spesso in secondo piano rispetto ad una corposa lista di singolari circostanze private che comprendevano svariati reati, diversi arresti, assidue frequentazione delle agenzie di scommesse, truffe mediatiche, dichiarazioni choc, ubriacature moleste nonché un assortito ventaglio di baruffe televisive e atteggiamenti non propriamente in linea con i precetti di Eton e Oxford.

Un trascinatore

Eppure, in campo Stan era un grandissimo, un trascinatore, un calciatore capace di motivare i compagni, che sapeva “fare squadra” e che, soprattutto, officiava giocate incredibili attingendo ad un ricco compendio di magie e illusioni. Le strabilianti gesta della sua migliore stagione, quella 1975-76, portarono il coriaceo ma modesto Q.P.R. ad un solo punto dalla storica conquista del titolo nazionale in una cavalcata conclusasi sul filo di lana dell’ultima giornata. Il sogno degli Hoops si spense solo negli ultimi tredici minuti di gioco, quando il Liverpool di Paisley trovò la forza di rovesciare il destino rifilando tre reti ai Wolves e conquistando così i due punti necessari per portare a casa l’ambito trofeo. Nel girone di ritorno, il piccolo Queen’s Park Rangers di Parkes, McLintock, Francis, Thomas e Bowles aveva infilato una storica serie di dodici risultati utili consecutivi scivolando, ad una manciata di giornate dal termine, per mano del Norwich nel fango di Carrow Road, dove una sorte infausta servì loro una bruciante sconfitta di misura che si rivelò purtroppo decisiva nella corsa al titolo. Molti, e non solo dalle parti di Shepherd’s Bush, avevano sin lì creduto al miracolo. Con quel gioco fantasioso e leggero, fisico e impertinente, la squadra di Sexton si era infatti guadagnata ovunque simpatie. Bowles ne era il perfetto baricentro. Era merito della sua stravagante ed eccentrica spavalderia se gli Hoops uscivano regolarmente dal campo tra gli applausi, era merito della sua gratuita follia se gli stretti e spioventi spalti di Loftus Road avevano cominciato a sognare.

Una lunga storia di eccentriche “trovate

La carriera calcistica di Stan è un’entusiasmante corsa in equilibrio tra ammirazione e pubblico sdegno. Tra le tante storielle di cui è stato indiscusso protagonista, ce n’è una che racconta fedelmente lo spirito che ancora permeava il football degli anni Settanta. Sabato 9 maggio 1973 va in scena Sunderland – Q.P.R.. E’ l’ultima partita di campionato della Seconda Divisione. Il Queen’s Park Rangers ha già raggiunto la promozione da tre settimane mentre i “Black Cats” fanno passerella davanti al loro pubblico per festeggiare l’incredibile conquista della F.A. Cup avvenuta una settimana prima a spese del “Dirty” Leeds. Quel sabato al Roker Park c’è il pubblico delle grandi occasioni, un “tutto esaurito” da annali, perchè capita una sola volta nella vita di vincere il trofeo più importante. Più di quarantamila persone in estasi si godono l’esposizione della coppa a bordo campo a far bella mostra di sé su un piccolo tavolino. Non è tanto il trofeo, quanto piuttosto l’ostentata presentazione su quell’improvvisato altarino votivo a stuzzicare la fantasia degli ospiti. All’ingresso in campo Bowles ed alcuni compagni decidono di rovinare la festicciola al pubblico di casa scommettendo tra loro, a suon di sterline, su chi sarebbe stato il primo a colpire la Coppa. Capita, così, che nel bel mezzo del match, Stan rubi la sfera ad un avversario, disinteressandosi totalmente di gioco e avversari. Bowles solleva invece lo sguardo cercando la coppa e la colpisce in pieno con una micidiale prodezza balistica da oltre trenta metri, facendola letteralmente schizzare in aria in una tragica ed irresistibile piroetta. E’ la più totale bagarre. La folla, inferocita per l’affronto, invade il campo e insegue Bowles per impartirgli una lezione. Non ci riuscirà. La polizia impiegherà più di venti minuti per riportare la calma e l’ordine facendo quindi riprendere il match tra le risate assassine e gli sguardi compiaciuti degli uomini di Sexton. Ma la cosa non finì lì, ovviamente. “Mi stavo annoiando e così li umiliai ancora: uno di loro fu espulso per un’entrata omicida su di me, poi realizzai una doppietta. Aspettai cinicamente il portiere sulla riga dopo averlo dribblato e quando lui si buttò alla disperata per smanacciare il pallone fuori, lo toccai appena realizzando il mio secondo gol. Fu la goccia che fece traboccare il vaso: i tifosi completamente impazziti si riversarono nuovamente in campo. Questa volta volevano davvero uccidermi, ma fortunatamente riuscii a scappare in tempo negli spogliatoi. Che cazzo. Volevo solo divertirmi un po’! Non andai mai più a Sunderland. Ogni volta che arrivava la partita mi inventavo un infortunio”.

“Devo avere esagerato con la tonica”

Con quel suo modo sregolato ed irregolare di prendere in giro la vita e gli avversari dall’alto di quel sorriso beffardo e irriverente da “Monty Python’s Flying Circus”, Bowles ha interpretato sino in fondo lo spirito di quegli anni e l’anima più autentica del football, l’urlo scomposto delle periferie e l’insana voglia di riscatto a cui le casuali traiettorie del pallone hanno spesso offerto, soprattutto a quelle latitudini, straordinarie ed eccitanti opportunità. Per le sue follie ma anche per una sublime cifra di classe e stile, Bowles è rimasto per sempre nel cuore della sua gente. «Ho fatto il pieno con vodka, tonica, scommesse e sigarette. Ripensandoci, devo aver esagerato con la tonica».