Once in a lifetime: Umberto Nobile

Il 21 gennaio 1885 nasce a Lauro, in provincia di Avellino, Umberto Nobile, di professione ingegnere ed esploratore. Nobile è stato uno dei padri del volo e un autorevole scienziato della prima era dell’aria, quella in cui l’ansia del limite coincise con la tensione del futuro.

Un genio dell’aria

I suoi progetti hanno profondamente influenzato il progresso scientifico dell’aerostatica e dell’aeronautica mondiale. A lui si deve, nel 1918, il primo paracadute e, sempre a lui e all’ingegner Gianni Caproni, si devono, solo quattro anni più tardi, lo sviluppo e la costruzione del primo aeroplano italiano in metallo. Per anni i suoi pensieri, i suoi studi e i suoi sogni si concentrarono sullo sviluppo di una speciale categoria di aeromobili. Quando guardava il cielo Nobile, infatti, non vedeva nuvole o stelle ma solo enormi macchine, leggere come il vento, capaci di manovrare con precisione ed efficacia. Quelle macchine saranno destinate a caratterizzare i primi decenni del Novecento. Toccherà, infatti, ai primi dirigibili semirigidi, sorta di moderni incrociatori dei cieli, solleticare la fantasia e i sogni di intere generazioni sfidando vortici e correnti con la complicità dei gas, della gravità e del Principio di Archimede. Per Nobile il dirigibile è il domani, una straordinaria idea di futuro e progresso, la visione aerea di una società in movimento che colma distanze, spazi e velocità sfruttando ingegno e coraggio. Umberto è uno scienziato avvezzo a rompere schemi e canoni. E’ uno dei primi a vedere in quelle macchine volanti un agevole mezzo per l’esplorazione geografica di terre estreme. Quell’incredibile sogno segnerà drammaticamente tutta la sua vita rappresentando sia il punto più esaltante che quello più amaro di tutta la sua avventura.

Dal Norge all’epopea dell’Italia

Sull’onda dei successi e dei meriti conseguiti in tutto il mondo per gli studi e la progettazione di aeronavi a scopi civili e militari, nei primi mesi del 1925 Nobile viene convocato dall’Aeroclub di Norvegia. In ballo c’è un’idea temeraria. La prestigiosa istituzione nordica gli affida, infatti, il formale incarico di progettare e realizzare un dirigibile in grado di compiere la prima trasvolata del Polo Nord. Nobile investe ogni sua risorsa e capacità in quell’impresa. In poco meno di un anno progetta e costruisce un imponente aeromobile di 106 metri di lunghezza destinato ad essere mosso da 3 motori a 6 cilindri in linea da 245 cv ciascuno. Il dirigibile “Norge” decolla ai suoi comandi da Ciampino il 10 aprile 1926, facendo tappa alle Svalbard per accogliere a bordo l’esploratore Roald Amundsen e il magnate americano Lincoln Ellsworth. Da lì in avanti i destini di Nobile e Amundsen si intrecceranno tragicamente. Alle 1.30 del mattino del 12 maggio, il “Norge” sorvola il Polo geografico lasciando cadere sulla banchisa una bandiera norvegese, una italiana e una statunitense. l’aereonave completa la trasvolata con successo e tocca infine terra, due giorni più tardi, a Teller in Alaska, dopo 5300 chilometri di volo ininterrotto. Per lui arrivano fama e successo. In quell’Europa confusa e inquieta le esplorazioni mantengono lo stesso sapore delle conquiste coloniali, un fascino a cui è arduo sottrarsi. Attirato dalla pubblicità che ne sarebbe scaturita, Mussolini vince un’epidermica diffidenza nei suoi confronti e lo convoca a Roma d’urgenza e con tutti gli onori del caso per chiedergli di ripetere l’impresa, questa volta con un equipaggio tutto italiano e un nuova prodigiosa macchina volante identica alla precedente. Questa volta però il dirigibile doveva chiamarsi “Italia”.

La tenda rossa

Nobile accetta, non fosse altro per rivendicare pienamente la paternità e il successo della precedente trasvolata del “Norge”. Questa volta però le cose prendono una brutta piega e il dirigibile “Italia”, dopo aver sorvolato il Polo Nord, incappa in una tormenta di ghiaccio e neve che ne appesantisce la struttura di metallo. L’aeronave perde quota sino a precipitare sul pack spezzandosi in più tronconi. La parte superiore dell’aeromobile rimbalza al suolo e riprende il cielo scomparendo tra le nuvole, mentre quella inferiore, assieme alla cabina di comando, striscerà per centinaia di metri al suolo sino ad incagliarsi tra i ghiacci. Quello che ne seguirà sarà un dramma dell’ostinazione e della sopravvivenza. L’equipaggio superstite resisterà infatti eroicamente, per cinquanta lunghi giorni, agli stenti, alla fame, agli attacchi degli orsi e al gelo in una piccola tenda ricoperta di vernice rossa in mezzo all’infinito mare di ghiaccio alla deriva. Alla fine verranno tratti in salvo dalla nave rompighiaccio russa Krassin ma le polemiche infurieranno per anni, non solo per le discutibili e tardive scelte operate dalla nave appoggio italiana, la “Città di Milano”, che per precise direttive governative rimarrà inspiegabilmente alla fonda alla Baia del Re, ma anche per la tragica perdita di otto membri della spedizione. Il destino non risparmierà nemmeno il grande esploratore norvegese Roald Amundsen che correrà in loro aiuto ai comandi di un piccolo aereo scomparendo per sempre, inghiottito dal grande orizzonte di ghiaccio.

Il processo

Le discussioni più accese riguardarono però il ruolo e il comportamento assunto dal comandante Nobile che, gravemente ferito a una gamba e con un principio di cancrena, venne salvato per primo e contro la propria volontà, da un pilota svedese su incarico dalle grandi compagnie d’assicurazione londinesi, non certo per una questione di prestigio quanto piuttosto per una più stringente vicenda di premi e soldi. Nobile venne ingenerosamente accusato dal regime e dai mezzi di comunicazione di aver abbandonato i suoi uomini al loro destino sulla banchisa e fu costretto a dimettersi da tutte le cariche. Subì così l’infamia di un processo pubblico che si celebrò per settimane sulle pagine dei quotidiani e tra i mormorii della strada. Il comandante lasciò così l’Italia per l’Unione Sovietica e, quindi, per gli Stati Uniti, dove continuò a lavorare sviluppando nuovi progetti. Rientrò in Italia solo nel 1943, in tempo per essere eletto, come indipendente, tra le fila dell’Assemblea Costituente trovando finalmente una piena riabilitazione. A dispetto di una discutibile letteratura da salotto, Nobile rimase sempre uno spirito libero, un grande scienziato e un innovatore, un uomo del futuro che ebbe il coraggio di spingersi là dove nessun’altro aveva osato prima, pagando in prima persona il duro prezzo delle proprie scelte.