Once in a lifetime: Valentino Mazzola

Il 26 gennaio 1919 nasce a Cassano d’Adda, nel popolare quartiere Riceto, Valentino Mazzola, calciatore di futura professione. Valentino è stato ben più di un grande campione. In anni complessi e ruvidi, il suo spirito, le sue giocate e soprattutto l’incredibile intensità con cui portava a termine ogni azione non hanno regalato solo emozioni ma anche riferimenti e spinte ideali.

Dalla Tresoldi al Venezia

Quelli in cui cresce il giovane Valentino sono anni umili e difficili. In quei decenni il professionismo non ha ancora trovato un’apprezzabile dimensione e la passione del pallone è un lusso che non tutti si possono permettere. L’improvvisa scomparsa del padre lo costringe ad abbandonare la scuola per andare a fare il garzone nella bottega di un fornaio. Quella circostanza si sarebbe rivelata un’autentica fortuna. Fu infatti così che il giovane Mazzola prese a dilettare amici e conoscenti nelle file della Tresoldi, la squadra del suo quartiere. Valentino, soprannominato “Tulen” per via del vizio di prendere a calci qualsiasi cosa trovasse in strada, gioca talmente bene da guadagnarsi rapidamente un futuro sul campo di gioco. A raccomandarlo ad osservatori e allenatori è un compaesano. Lo assume così l’Alfa Romeo per inserirlo nella forte compagine aziendale. Mazzola va a fare il meccanico la mattina e il calciatore nel pomeriggio. Grazie ai suoi gol la squadra milanese decolla. Il futuro sembra ormai in discesa. Ma a rompere la trama del destino arriva purtroppo la cartolina di precetto. E’ il 1939 e Mazzola viene spedito a prestare servizio militare lontano da Milano. Lo convoca infatti la Regia Marina che lo imbarca a Venezia sul Cacciatorpediniere Confienza prima di trovargli un posto alla Compagnia del Porto. Nonostante l’inattesa piega degli eventi, la sorte lo rimette subito su un campo da calcio. Quel ragazzo è troppo bravo con il pallone. I vertici del distaccamento militare ne scorgono subito il limpido talento e lo schierano regolarmente nelle frequenti partitelle tra corpi e compagnie. Sarà proprio durante una di queste che il destino gli aprirà le porte della massima divisione calcistica. Gli osservatori del Venezia lo convocano infatti per un provino. Nonostante qualche ritrosia, Valentino si presenta puntuale. Lo prendono al volo. Dopo solo due mesi trascorsi a fare impazzire gli avversari delle giovanili, l’allenatore Girani decide che è arrivato il suo momento e lo fa esordire nella massima Serie. E’ il 31 marzo 1940. Valentino va in campo a Roma per la sua prima partita di campionato contro la Lazio. Il Venezia perderà di misura 1 a 0 ma, da lì in avanti, la sua vita cambierà. Con i neroverdi disputerà due fantastiche stagioni conquistando una storica Coppa Italia alle spese della Roma. Questa volta il suo cammino è davvero segnato.

Il Torino di Novo e il “quarto d’ora granata”

La sorte intreccia i fili. Dal Venezia dei miracoli viene prelevato, con l’amico Loik, dal presidente Ferruccio Novo, già intento ad allestire il sogno del “Grande Torino”. I sette anni che trascorrerà in Piemonte saranno eccezionali per gioco e rendimento, reti e presenze. In quei campionati di guerra, il Torino Fiat detta legge anche se il titolo sfugge per soli pochi punti. La formale consacrazione avviene nel 1945, all’indomani della fine del conflitto bellico, con la ripresa dei massimi tornei, del Campionato Alta Italia e del Campionato Nazionale. Nel frattempo a Torino sono arrivati altri straordinari fuoriclasse come Valerio Bacigalupo, Mario Rigamonti, Aldo Ballarin ed Eusebio Castigliano. La squadra granata diventa imbattibile: il Toro gioca sempre a tutto campo alternando momenti di sapiente gestione del gioco ad altri di furente spirito agonistico. Nasce così il proverbiale “quarto d’ora granata”, l’irresistibile tour de force finale con il quale la squadra di Valentino rovescia regolarmente il risultato. Di tutto questo, dell’inarrestabile macchina da gol e, soprattutto, di questo indomito spirito battagliero, Mazzola è il primo interprete nonchè l’assoluto protagonista.

Un regista, un mediano, una mezzala e un attaccante

Valentino è l’uomo “a tutto campo” del Grande Torino: è un combattente nato, bravo a contrastare, a rubare palla e a impostare il gioco, a dirigere sapientemente i cambi di ritmo e ad innescare le punte sino anche a concludere nello specchio della porta dove trafigge i portieri avversari con impressionante regolarità. Valentino ha due piedi d’oro con cui calcia forte e preciso, sa saltare l’avversario in velocità e possiede una naturale visione di gioco. E poi impressiona sempre per ritmo, tecnica e potenza fisica. Valentino gioca in qualsiasi parte del campo. All’occorrenza fa il regista, il mediano, la mezzala e l’attaccante. In qualunque ruolo venga schierato è sempre impossibile da marcare. Perché Mazzola è la quint’essenza del calcio moderno. Non molla mai e gioca sempre sino al 95esimo, incitando e richiamando all’ordine i compagni.

Un destino tragicamente interrotto

Chissà dove sarebbe arrivato se una maledetta nebbia non l’avesse inghiottito per sempre nel tardo pomeriggio del 4 maggio 1949 mentre stava rientrando in aereo da Lisbona, dove aveva festeggiato il ritiro dell’amico portoghese Francisco Ferreira. Chissà se sarebbe davvero passato all’Internazionale. Chissà che cosa avrebbe fatto ai Mondiali. Chissà se avrebbe continuato a vendere i suoi famosi palloni di cuoio cucito a mano. Chissà. In quel pomeriggio la storia di Valentino si arrese al più tragico scherzo della sorte, ma la sua stella continuò a rimanere alta in cielo a raccontarci il meglio di questo straordinario sport. “Correre molto e arrivare a mezzo cammino non sempre è utile. E’ meglio correre meno, portare via piu’ tempo agli avversari e arrivare con piu’ precisione sulla palla. Questa per me è la vera rapidita’.”