Once in a lifetime: Arturio Merzario

L’11 marzo 1943 nasce a Civenna, in provincia di Como, Arturio Francesco Merzario, di professione pilota automobilistico. Il tortuoso percorso dell’esistenza è spesso frutto di meccaniche arcane, di cause ed effetti. Capita così che un innocuo inciampo iniziale possa generare inattese conseguenze. E’ questo il caso di un grande pilota che ha trasformato l’iniziale capriccio di una svista burocratica in un preciso segnale del destino, percorrendo una delle più straordinarie parabole del mondo della velocità.

Arturio all’anagrafe

Battezzato all’anagrafe Arturio per un mero errore di trascrizione, su quella “i” che avanzava Merzario ci ha costruito una sfolgorante e longeva carriera arrivata sino ai giorni nostri. Perchè il govanissimo Arturio, convinto che quel suo nome discendesse da un’antica stirpe di cavalieri, sulle auto da corsa sognò di salirci sin da subito fantasticando incredibili imprese al volante di una fantasmagorica monoposto, la “Arturia”. Quei sogni erano destinati a diventare realtà: quel ragazzino sarebbe davvero diventato uno dei massimi protagonisti italiani delle corse automobilistiche.

Stagioni diverse

Arturo ha vissuto molte intense stagioni, dimostrandosi, in ogni categoria, all’altezza delle aspettative. Pilota estroverso, attento, veloce e coriaceo, Merzario era un vero outsider, in pista e fuori. Fu grazie a questi tratti caratteriali così determinati e volitivi che lasciò sempre il segno. Quello spunto franco e polemico lo renderà infatti celebre in tutto il mondo, al pari del cappello da cowboy acquistato durante una trasferta americana nel 1967 e che, da allora, sarebbe diventato la sua firma.

Dalla “Targa Florio” al Mondiale Marche

Per correre in quel mondo serviva non solo del gran fegato ma anche perizia e fuggevole abilità. Servivano occhio e piede, e in quello Merzario era un talento assoluto. Dominò il Mondiale Marche con l’Alfa Romeo Tipo 33 e con le Ferrari 512 S e 312 P. Conquistò anche molti titoli nazionali, aggiudicandosi nel 1972 la prestigiosa “Targa Florio” in coppia con Sandro Munari e facendo collezione di coppe e trofei. Merzario avrebbe corso per molti anni approdando anche nella massima serie, nella tanto agognata Formula Uno, dove avrebbe pilotato per Ferrari, March e Williams. Arturo avrebbe inoltre coronato i sogni di bambino, perché, a un certo punto della storia, sarebbe diventato anche costruttore. Sarebbe stata una stagione breve, affascinante ma, purtroppo, anche ben scarsa di risultati.

Uno spiccato senso del limite

Rispetto ai colleghi Merzario possedeva un raro dono. Aveva infatti uno spiccato senso del limite grazie al quale sapeva sempre distinguere il rischio dal puro azzardo, cogliendo il fatidico punto oltre il quale era bene non spingersi. In quel mondo dove il fuoco, le barriere, il cedimento meccanico e la morte erano parte integrante della sfida, quella sua attitudine fece la differenza. Per questo e per il coraggio di dire le cose come andavano dette, anche a dispetto di convenienze e opportunità, Arturo divenne un riferimento, un paladino della sicurezza e un maestro di correttezza, sempre pronto a rischiare la propria vita pur di salvare quella dei colleghi in pericolo.

Un pilota corretto e un maestro di stile

Furono le sue braccia e le sue mani ad estrarre un Niki Lauda ancora svenuto dall’abitacolo in fiamme della Ferrari 312 T2 al Nurburgring nel 1976. Fu lui ad accorrere in aiuto di Ronnie Peterson nell’incendio della sua Lotus a Monza nel 1978. Fu sempre lui a cercare disperatamente di prestare aiuto allo sfortunato collega e amico Ignazio Giunti nel terribile crash di Buenos Aires. In carriera strinse tanti rapporti speciali con colleghi e costruttori. Anche con Enzo Ferrari con cui finì per intrecciare un sodalizio franco e sincero. Ferrari riconosceva in lui i tratti più esuberanti della sua gioventù. Arturio fu, così, tra i pochissimi piloti a dargli del tu ed a tenergli caparbiamente testa nelle discussioni. Fu certamente anche l’unico a rifiutarsi di rinnovare per tempo il contratto che gli era stato offerto, cosa che ovviamente il permaloso Enzo non gli perdonò mai. Anche con Carlo Abarth Merzario seppe costruire un rapporto simbiotico e del tutto speciale. Pareva, infatti, che quei due si capissero sempre al volo. Se Arturio alludeva ad un problema di sicurezza, Abarth era capace di far smontare ogni singolo pezzo della macchina pur di trovare il difetto. E, se Abarth, invece, si lamentava sommessamente di qualche sua prestazione poco brillante, si poteva stare certi che Arturio il giorno seguente avrebbe regalato una prova maiuscola tagliando per primo il traguardo. Merzario fece la fortuna del costruttore austriaco a cui regalò, dal 1964 al 1971, una lunga messe di trionfi e successi. Alla soglia dei 75 anni, il “pilota fantino” taglia oggi il traguardo della sua cinquantaseiesima stagione motoristica. A dispetto di un volto solcato ormai da rughe profonde come la vita, Arturio rimane saldamente ancorato allo stesso spirito con cui da bambino sognava imprese e velocità. Quando può si infila così nell’abitacolo e va in pista a sfidare i colleghi come nulla fosse, perché di appendere il volante al chiodo proprio non se ne parla.