Diego Alverà racconta. L’ultimo volo di Carlos Pace.

Disinvolto, disponibile e affabile, Josè Carlos Pace è stato uno dei più promettenti talenti della Formula Uno degli anni Settanta. Il pilota brasiliano ne ha incarnato con stile lo spirito contagioso, quello che per un decennio accompagnò le piste ed i paddock, i drammi e le imprese, le gioie e gli incerti, le vittorie e le sconfitte.

Rapido, scomposto e determinato

“Moco” era uomo della velocità, rapido, scomposto, determinato e irruente. Al suo debutto in quel mondo spietato, sulla pista di Kyalami, in Sud Africa, aveva fatto venire il mal di testa a molti colleghi titolati e al suo compagno di scuderia Henri Pescarolo che aveva finito per correre da Frank Williams a lamentarsi perché la March di quel giovane pivello filava più veloce della sua ottenendone in cambio solo un’alzata di spalle e una proverbiale smorfia. Era il 4 marzo 1972: da lì in avanti, quella di Pace sarebbe stata una bellissima cavalcata. Nonostante una monoposto con una lunga lista di problemi, Carlos va a punti in due Gran Premi attirando l’attenzione delle altre scuderie. Il più lesto a muoversi è John Surtees, che, quanto a macchine e piloti, poteva ben dire di saperla lunga. John fiuta il suo talento e gli affida un volante. Pace e la TS 14A litigano per buona parte della stagione, ma, poi, verso la fine, cominciano a capirsi. Il pilota brasiliano sfiora il podio in Germania al Nurburgring, finendo dietro le Tyrrell di Stewart e Cevert e la McLaren, pilotata, per l’occasione, da Jackie Ickx. Carlos sta affinando la mira e il 19 agosto, solo due settimane più tardi, finalmente fa centro portando la monoposto di Surtees sul gradino più basso del podio.

La Brabham BT44

E’ la svolta, perché adesso nel Circus tutti parlano di lui, le grandi scuderie, i colleghi e i giornali. E’ il nome nuovo, la promessa, uno dei migliori figli di quella nuova stagione. Ma nei mesi successivi la sfortuna e i guai meccanici lo perseguitano. Dopo un filotto di prove sfortunate, a metà della stagione successiva, si libera un posto alla Brabham. Bernie Ecclestone, che mostra da un po’ d’anni di avere fiuto per gli affari, crede ciecamente nelle sue capacità e gli offre di guidare la BT44 per una manciata di gare. E’ una sorta di prova. Si vedrà poi se il pilota meriterà la conferma. L’esordio è burrascoso. Il suo sanguigno stile di guida lo induce infatti a commettere qualche leggerezza di troppo. Da Monza in avanti, però, il giovane Carlos prende le misure e finisce spesso nelle prime posizioni, a ridosso dei piloti più esperti e celebrati. All’ultima gara stagionale, quella del Glen, grazie anche ad un’oculata condotta di gara, Carlos conquista il secondo posto. Con il trofeo arriva anche l’attesa conferma.

La prima straordinaria vittoria

Carlos e il suo talento sono ormai sulla bocca di tutti. Gli basta davvero poco per fare il salto di categoria, giusto un successo. La prima vittoria arriva nel giorno più speciale, nel Gran Premio più atteso e desiderato, quello di casa, a Interlagos. Sul suo tracciato Pace stupisce il mondo per lo stile e la personalità con cui si tiene dietro per molti giri il più celebre connazionale, Emerson Fittipaldi, contenendone magistralmente gli attacchi e la furiosa rimonta. Carlos si difende con i denti e alla fine sale sul gradino più alto del podio. Un brasiliano davanti a un altro brasiliano a Interlagos, nel loro paese natale, nella loro città, la stessa di un altro giovane astro, di nome Ayrton, che, quindicenne, li ammira rapito dagli spalti roventi e sogna: una cosa da non credere, una sorta di sbornia collettiva, un giorno indimenticabile, una sorta di riscatto collettivo.

Alla ricerca del tocco magico

Quella, purtroppo, rimarrà la sua unica vittoria in carriera. Il 1975 regalerà ancora ancora due podi, un terzo posto a Montecarlo e un secondo a Silverstone, ma anche molti ritiri. Non andrà meglio l’anno successivo. La BT45, motorizzata Alfa Romeo, sarà meno affidabile del previsto e Carlos sfiorerà il piazzamento solo in due occasioni. Nelle previsioni di tutti, il 1977 avrebbe dovuto essere l’anno buono, quella dell’attesa conferma. La stagione, infatti, si apre in maniera straordinaria, con un inatteso secondo posto conquistato in Argentina, a Buenos Aires, a cui però, segue l’ennesimo amaro ritiro, questa volta sul tracciato di casa. Sino a lì, Pace ha trascorso la sua carriera a bordo di monoposto certamente meno competitive e affidabili di quelle messe in pista dalle scuderie più blasonate. Ma in quel mondo la mano, la testa, il cuore e i piedi del pilota fanno ancora la differenza, colmando distacchi sul filo di preziosi centesimi di secondo. Così aveva fatto sino a lì, ma si era ormai convinto che fosse arrivato il momento di trovare un volante più competitivo. Sapeva che avrebbe dovuto sudare per guadagnarsi il suo spazio. Sapeva che doveva solo portare pazienza. Era pronto ad affrontare il peggio, concentrato su battaglie, scontri e duelli. Certo, non avrebbe mai pensato che la sorte sarebbe andata a bussare alla sua porta ben prima che potesse giocarsi le sue carte migliori.

Quell’ultimo volo

Un destino crudele lo attende infatti al varco, La sorte gli chiede di regolare i conti anzitempo e fuori dai traccciati di gara, mentre sta pilotando un piccolo aereo, in compagnia dell’amico Marivaldo Fernandes e di Carlos Roberto de Oliveira, nei cieli di Mairiporã, sedici miglia a nord di San Paolo. Quel giorno di marzo del 1977 l’ala e il vento, sin lì amici, gli voltano improvvisamente le spalle. Doveva essere un volo breve e piacevole, ma un improvviso temporale lo trasforma in un tragico incubo. Il Cessna si ritrova così alla mercè degli elementi e perde improvvisamente quota sino a schiantarsi al suolo. Come era accaduto a Graham Hill e Tony Brise, come sarebbe accaduto ancora. Lo piange una nazione intera, in silenzio e senza clamore. Poi, in molti si dimenticano del suo nome, della sua simpatia e di quella brillante leggerezza. Ma, una volta tanto, il tempo si dimostra galantuomo, e, per iniziativa di amici e colleghi, nel 1985, a distanza ormai di molti anni da quel triste giorno, quell’autodromo speciale che aveva assistito compiaciuto al suo primo e unico trionfo viene ribattezzato con il suo nome. Così, ogni anno, il moderno e professionale mondo della Formula Uno lo ricorda nel modo migliore, andando a correre sulla sua pista, quella di Carlos Pace, l’eroe di Interlagos.